dalla lettera pastorale del vescovo Francesco
Servire la vita
dove la vita accade
(7^ parte)
ALCUNE SCELTE PER QUESTO ANNO
A livello parrocchiale
La formulazione dei calendari va particolarmente curata e condivisa all’insegna dei criteri indicati, con particolare attenzione ad una seria verifica delle motivazioni che sostengono le proposte e ad evitare i pericoli dell’estemporaneità o quelli di una programmazione che paralizza le dinamiche
che abbiamo evocato. Appaia evidente che è l’anno liturgico la forma del tempo in cui si collocano
le nostre proposte.
La gestione dei beni mobili e immobili, strumentali, artistici e commerciali, va riordinata e riorganizzata alla luce dei criteri indicati. Soltanto la chiarezza e l’organizzazione ordinata di beni, opere e strumenti, permette di fare scelte che non contraddicano nei fatti, i criteri a cui vogliamo ispirarci. Particolarmente, va tenuta sotto osservazione la logica sterile che spinge ad impiegare energie e risorse semplicemente per mantenere l’esistente, a prescindere dalle finalità che si propone. Siamo consapevoli che questa linea creerà situazioni non semplici da affrontare, sia per quanto riguarda le strutture e le opere, ma anche per quanto riguarda le persone che vi sono impiegate.
La delineazione e l’organizzazione dei percorsi catechistici avvenga alla luce delle disposizioni in atto e faccia tesoro delle esperienze maturate sia nel periodo del lockdown, sia durante le esperienze estive. Per quanto riguarda l’iniziazione cristiana dei fanciulli e la celebrazione dei sacramenti che l’accompagnano, si eviti chiaramente l’impressione di una pratica da sbrigare, aprendosi a una riflessione, ancor prima che a una pratica, circa le condizioni che alimentano la sensatezza della proposta. Non possiamo dare per scontato che tutte le famiglie, nella varietà delle loro fisionomie, siano disponibili ad assumere quella soggettività pastorale, catechistica ed educativa che non poche hanno espresso nei mesi della pandemia, ma favoriamo convintamente e con grande apertura di cuore questa soggettività.
Le prassi della carità “organizzata” vanno ripensate con una certa urgenza, per non ricadere in forme assistenzialistiche di cui abbiamo da tempo evidenziato il limite. Con discrezione e nello
stesso tempo con convinzione ripropongo la lettera “Donne e uomini capaci di carità” nella quale indicavo piste da percorrere e criteri da adottare.
La carità non è soltanto risposta ad un bisogno, ma soprattutto il modo di vivere di coloro che si riconoscono come cristiani. La testimonianza più necessaria, in questo momento, è quella di una fraternità che si esprima in tante declinazioni e riesca a manifestare l’originalità della fede evangelica, per la quale, la relazione umana, personale, concreta, precede ogni organizzazione, pur necessaria.
Il Fondo “Ricominciamo Insieme”, i “Centri di ascolto Caritas”, le diverse iniziative di solidarietà, lo stesso reperimento di risorse, l’esperienza del volontariato, l’attenzione alle nuove povertà e all’aggravamento delle antiche, la cura dei malati e degli anziani nella loro fragilità e solitudine, l’attenzione alle concrete e fondamentali esigenze delle famiglie e all’enorme potenzialità di cui comunque sono capaci, vanno continuamente verificate alla luce del principio evangelico “guardate come si amano”.
Le previsioni di natura occupazionale, economica e sociale sono inquietanti e ci chiamano ad un impegno personale, comunitario e politico che renda ragione agli occhi di tutti della fede che condividiamo. In questo tempo, anche la consapevolezza e il rispetto delle regole per il bene e la salute di tutti, è un concreto modo di testimoniare la carità evangelica.
L’insieme delle prassi pastorali non può più prescindere dal mondo della comunicazione mediatica e particolarmente dei new media. L’utilizzo esploso in questi mesi, va ripensato in maniera più ordinata, organica e competente, consapevoli delle possibilità e dei rischi che contiene. In questo ambito il superamento del criterio del fai da te, e la crescita di una consapevolezza pastorale di
questo mondo, sono assolutamente necessari e appartengono alle “res novae” che vogliamo interpretare con discernimento e non semplicemente utilizzare come strumento.
La collocazione dal “punto di vista” pastorale nelle periferie, tanto raccomandata da Papa Francesco, si traduce in una dinamica di rapporto tra piccole e grandi parrocchie, che trova, nelle Fraternità presbiterali, nelle Unità pastorali e, iuxta modum”, nelle Comunità ecclesiali territoriali, il luogo per attivare sinergie e collaborazioni che valorizzino le caratteristiche positive delle comunità più piccole, riconoscendole esemplari e generative per quelle più grandi.
Vescovo Francesco (7 - continua)