TUTTO SI DECIDE IN UN ISTANTE DI STUPORE
Omelia nella XXIII Domenica del T.O. – San Girolamo, 9 settembre 2018
Noi abbiamo bisogno di recuperare la semplicità e la concretezza del Vangelo. Una delle parole evangeliche, più capaci di esprimere l’esperienza di questa semplicità, è la parola stupore: «pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”» (Mc 7, 37). Non erano colmi di stupore solo per il miracolo della guarigione, ma perché avevano riconosciuto, in quel fatto, il segno che Gesù realizzava la profezia di cui abbiamo ascoltato in Isaia: «Dite agli smarriti di cuore: – e qui siamo tutti smarriti di cuore, abbiamo tutti bisogno di sentirci dirci dire – “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio […] Egli viene a salvarvi”. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto» (Is 35,4-6). Sono stupiti perché riconoscono l’azione di Dio, che risponde al desiderio del nostro cuore e realizza la sua promessa.
La vita cristiana è tutta nello stupore e a nessuno è impedita la possibilità di stupirsi, in qualunque situazione si trovi. Il miracolo, infatti, accade nella Decapoli, ovvero in territorio pagano (cfr. Mc 7, 31): la Chiesa è cattolica (il termine “cattolico” deriva dal greco kath’olòn, che significa “secondo il tutto”, la totalità)! Se ci chiudiamo nei nostri gruppi, senza “uscire” incontro a tutti, non siamo più la Chiesa. A nessuno è impedito di stupirsi, e, quando si fa l’esperienza dello stupore, non c’è bisogno di aggiungere altro dopo, come non c’era bisogno di condizioni particolari prima.
Chiunque, in qualsiasi condizione, può stupirsi e, quando ci si stupisce, si scopre che dentro l’esperienza dello stupore c’è già tutto, sei pieno di qualcosa che non avevi previsto, e questo è il cambiamento della vita, è la santità. Com’è semplice questa dinamica! È solo questa esperienza che cambia veramente la vita. Io riconosco, nel ministero sacerdotale vissuto nelle varie parrocchie e realtà ecclesiali, che i momenti in cui si è fecondi e si costruisce qualcosa di nuovo, sono gli istanti in cui si lascia prevalere un istante di stupore prima di ogni pensiero o progetto.
Sono lieto per questa estate, perché è stata piena di istanti di stupore. Lo stupore dei bambini con cui abbiamo fatto il campeggio, con lo stupore mio nel vedere la loro disponibilità e l’unità vissuta con gli adulti; lo stupore guardando l’alba con i ragazzi più grandi e riconoscendo, in un adulto che aveva visto sorgere tante volte il sole, lo stupore per un’esperienza nuova; lo stupore di vedere i nostri giovani giocare a calcetto saponato con gli ospiti della Capanna di Betlemme; lo stupore che mi ha riempito quando, prima di una riunione del Consiglio pastorale, un membro dello stesso CPP, che non poteva partecipare, ha inviato un contributo in cui, invece di una riflessione sulle cose da fare, ha raccontato di un momento in cui era stato stupito incontrando dei detenuti; lo stupore per vedere le amiche del coro fare i turni per assistere in ospedale la signorina Yvonne, segno che questa donna aveva suscitato un’esperienza di comunità; lo stupore per il gruppo che, con entusiasmo, sta preparando la Festa parrocchiale; lo stupore per dei rapporti che si intensificano condividendo una malattia o un momento drammatico dell’esistenza; lo stupore per una domanda rinnovata su Gesù che si ridesta in volti “vecchi” e “nuovi”, fino a sabato scorso quando, mentre pensavo a tutto il clamore mediatico sul male presente nella Chiesa, sono stato chiamato da due giovani universitarie che, con la mamma di una di loro, stavano pulendo le panche della nostra chiesa: ma cosa spinge due ragazze di vent’anni a lavorare così, tutte contente, mentre sui giornali, alla TV e sui social si dice ogni male dell’esperienza ecclesiale? Cos’hanno visto di diverso? Questo è ciò che rinnova la Chiesa: Cristo continua a suscitare un’attrattiva, ed io sono stupito per come, nelle ultime settimane, ho sperimentato l’accadere di un dialogo vero e profondo con giovani di questa età, anche nella nostra parrocchia.
La Chiesa vive di questo, non vive di organizzazione. L’esperienza cristiana non si nutre di un moralismo fatto di regole rigide, ma di questi istanti di stupore in cui si riconosce Gesù che agisce.
Tutto questo appare fragile e debole. Me ne sono accorto ieri sera, quando sono andato a trovare gli amici della Capanna di Betlemme, mentre si stava svolgendo, in viale Principe Amedeo, la manifestazione di una forza politica, a sua volta contestata da gruppi appartenenti ad altre forze antagoniste. Quando sono partito dalla parrocchia, dopo la messa del pomeriggio, le Forze dell’ordine erano schierate in tenuta antisommossa e già da qualche tempo l’elicottero della Polizia sorvolava la zona. Sono arrivato alla Capanna dove, invece, ho trovato gente contenta, giovani volontari (una giovane degli Scout dell’AGESCI e altri ragazzi di varie provenienze), assieme ad alcuni degli ospiti “fissi”, che conosco, i quali mi hanno salutato come amici.
Poco dopo, a pochi passi da noi (viale Dardanelli, dove si trova la Capanna di Betlemme, è parallelo ed è vicinissimo a viale Principe Amedeo) sono cominciati gli slogan pieni di rabbia e le cariche, l’elicottero della Polizia volava bassissimo per controllare la situazione e, quando passava sopra di noi, quasi non si riusciva a parlare. In quel momento è arrivato, inatteso, il pulmino del Banco Alimentare, con due amici di Comunione e Liberazione di Lugo. Avevano fatto una raccolta di alimenti straordinaria, in occasione del MotoGP di Misano. Abbiamo scaricato tutto assieme ai volontari della Capanna, mentre gli amici del Banco sono ripartiti subito per il magazzino di Imola, dopo una giornata di lavoro. A pochi passi gruppi di manifestanti si scontravano, mentre qui alla Capanna eravamo tutti col volto lieto, sistemando gli alimenti. Io mi sono fermato a chiacchierare con gli ospiti presenti nella Casa e poi sono stato a cena con loro.
Tutto questo sembrava molto debole rispetto alle Forze dell’ordine, intervenute per garantire la sicurezza di tutti, alla forza dei manifestanti che si contrapponevano tra loro, alla forza dei tanti problemi, per cui molti non hanno né cibo né abitazione.
Quella casa così semplice, nata dal desiderio con cui don Oreste voleva “augurare la buonanotte” a chi dorme per strada, quel gruppetto di volontari provenienti da esperienze e percorsi diversi, gli amici che col pulmino per tutta la giornata avevano raccolto alimenti e fatto la spola dal MotoGP alle opere di carità assistite dal Banco… Tutto sembrava tutto molto debole di fronte all’enormità dei problemi del mondo e alla forza di chi mostra i muscoli.
Sì, è una grande debolezza, che, come dice il Papa, è la forza dell’incarnazione, l’unica forza che porta una novità nel mondo.
Questa debolezza è la vera forza in cui ognuno di noi, e la Chiesa stessa, può consistere.
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