SIA CHE VIVIAMO SIA CHE MORIAMO SIAMO DEL SIGNORE
Omelia nella Santa Messa esequiale per Graziella Dossi
San Girolamo, 22.11.17
Celebriamo l’Eucarestia per la nostra sorella Graziella nell’abbraccio della tenerezza di Gesù, la cui commozione per la nostra umanità mortale e bisognosa abbiamo udito descritta dalle parole del Vangelo secondo Luca: “il Signore fu preso da grande compassione” (Lc 7,13). In questa comunione con Cristo Risorto la morte e il nostro male sono vinti, nulla va perduto.
Tutti ricordiamo la nostra Graziella per la cura meticolosa di ogni dettaglio nel suo servizio alla comunità cristiana, dalla compilazione del bilancio parrocchiale al ricamo delle tovaglie per l’altare, senza dimenticare le pulizie della chiesa. Oggi, con la sua morte, lei ci offre il suo servizio più importante, indicandoci la meta ultima, il Destino buono cui siamo chiamati, guardando al quale scopriamo il senso della cura di ogni piccolo particolare nel suo nesso con l’eternità. Ogni gesto è l’occasione di un passo verso il compimento del Destino per cui siamo voluti e creati. In ogni frammento del reale partecipiamo del tutto ed in ogni nostro respiro c’è la domanda dell'infinito.
Graziella, amica di tanti qui presenti, con i quali ha condiviso momenti importanti della vita, ora ci dona fino in fondo la sua amicizia, indicandoci il compimento del desiderio col quale ha vissuto il suo lavoro di insegnante e l’impegno nella comunità parrocchiale, aprendo anche la sua casa per un centro di ascolto del Vangelo.
Noi, mentre l’accompagniamo nella preghiera, sostenendola in quest’ultimo passaggio nell’attesa di rivederci presto, grati per il dono della sua presenza nella nostra comunità, domandiamo, ora, in questo istante, l’esperienza di questa pienezza, nel particolare, in ogni frammento della nostra esistenza, in ogni brandello della nostra carne, che grida il bisogno di Dio.
Sì, il bisogno di Dio! Soprattutto a noi “operatori pastorali”, sacerdoti e laici aventi responsabilità nella comunità parrocchiale, l’esistenza e la morte di Graziella ci ricordano quanto il Papa richiama nella Evangelii gaudium: “Oggi si può riscontrare in molti operatori pastorali, comprese persone consacrate, una preoccupazione esagerata per gli spazi personali di autonomia e di distensione, che porta a vivere i propri compiti come una mera appendice della vita, come se non facessero parte della propria identità. Nel medesimo tempo, la vita spirituale si confonde con alcuni momenti religiosi che offrono un certo sollievo ma che non alimentano l’incontro con gli altri, l’impegno nel mondo, la passione per l’evangelizzazione” (EG 78). “Si produce allora un circolo vizioso, perché così non sono felici di quello che sono e di quello che fanno, non si sentono identificati con la missione evangelizzatrice, e questo indebolisce l’impegno” (EG 79). In questo modo “si sviluppa negli operatori pastorali” un “relativismo pratico”, che “consiste nell’agire come se Dio non esistesse” (EG 80). “Il problema non sempre è l’eccesso di attività, ma soprattutto sono le attività vissute male, senza le motivazioni adeguate, senza una spiritualità che permei l’azione e la renda desiderabile” (EG 82).
Ho condiviso con Graziella questa domanda di Dio, conferendole diverse volte i sacramenti in questo tempo di malattia e di sofferenza. Ho riconosciuto in lei un dialogo reale con il Mistero, con la sorpresa di ritrovarla negli ultimi colloqui in ospedale sempre inquieta ma, al tempo stesso, più disponibile a lasciarsi abbracciare, senza smettere di chiedere e di “discutere” col Signore, ma con un volto lieto. Non abbiamo bisogno di altro se non di questa familiarità col Mistero di Dio. Siamo amici per questo, siamo insieme nella comunità parrocchiale con questo scopo e, perciò, come ci ricorda il Papa, “abbiamo bisogno di creare spazi adatti a motivare e risanare gli operatori pastorali, luoghi in cui rigenerare la propria fede in Gesù crocifisso e risorto, in cui condividere le proprie domande più profonde e le preoccupazioni del quotidiano, in cui discernere in profondità con criteri evangelici sulla propria esistenza ed esperienza, al fine di orientare al bene e al bello le proprie scelte individuali e sociali” (EG 77).
Non si tratta di un’esperienza per il tempo libero, ma della vita stessa: “Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi” (Rm 14,7-9).
Non è un concetto o un’idea da comprendere intellettualmente, neppure una morale da realizzare col nostro sforzo etico, ma un abbraccio a cui cedere: “Donna non piangere” (Lc 7,13). Non piangere perché sei fatta per la vita, sei destinata alla “vita della vita”, che domandiamo di sperimentare un giorno in modo pieno e definitivo nel Paradiso, assieme alla nostra sorella Graziella, e di incrementarne l’esperienza reale già possibile nell’esistenza presente, affinché “la nostra gioia sia piena” (cfr. Gv 15,11).