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PARROCCHIA Santi VITO E MODESTO

Faro Marzo

cammino quaresimale

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San Giovanni Bosco

Dai suoi scritti:

Riguardiamo come nostri figli quelli sui quali abbiamo da esercitare qualche potere. Mettiamoci quasi al loro servizio, come Gesù che venne ad ubbidire e non a comandare, vergognandoci di ciò che potesse aver l’aria in noi di dominatori; e non dominiamoli che per servirli con maggior piacere. Così faceva Gesù con i suoi apostoli, tollerandoli nella loro ignoranza e rozzezza, nella loro poca fedeltà, e col trattare i peccatori con una dimestichezza e familiarità da produrre in alcuni lo stupore, in altri quasi lo scandalo, ed in molti la santa speranza di ottenere il perdono da Dio. Egli ci disse perciò di imparare da lui ad essere mansueti ed umili di cuore (Mt 11, 29).

Non agitazione dell’animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l’avvenire, ed allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione.
In certi momenti molto gravi, giova più una raccomandazione a Dio, un atto di umiltà a lui, che una tempesta di parole, le quali, se da una parte non producono che male in chi le sente, dall’altra parte non arrecano vantaggio a chi le merita.
Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi.

Battesimo di Gesù… e di noi

Un grazie grande a don Erminio per le sue parole dell’omelia di oggi alle 10.00:
Gesù al Giordano ci ricorda che la vera libertà è quella che si coniuga sempre con la responsabilità e non solo coi nostri istinti o abilità.
Il Battesimo che anche noi abbiamo ricevuto è in ordine alla crescita della nostra fede: in sobrietà, in giustizia e nella pietà.
Festeggiamo così, con rinnovata consapevolezza, la nostra continua “rinascita” in Cristo.

Faro Gennaio 2022

Illuminati da una Stella ... come i Magi alziamo lo sguardo!

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Cammino della nostra Stella

Dal Blog di Enzo Bianchi

se gli esseri umani non pensano non sono tali, e se rinunciano a pensare si disumanizzano fino a diventare i soggetti della banalità del male. Esercitare il pensiero costituisce un impegno, un esercizio e una fatica, ma è quanto mai necessario, soprattutto per le nuove generazioni infettate dalla progressiva evasione dal pensiero. Con tristezza constatiamo che uomini e donne che si dedicano al pensiero speculativo e contemplativo non sono più percepiti come necessari né come presenza utile per la società e per la chiesa; si preferiscono quelli che si danno da fare, i militanti, sempre occupati. Quanto agli intellettuali non sempre sono pensatori, perché troppo attenti alle mode e alla cronaca. Eppure Herman Hesse ammoniva: “Quando il pensiero non è puro e vigile, quando il primato dello spirito non è più riconosciuto, anche le navi e le automobili incominciano presto a non funzionare, anche il regolo calcolatore dell’ingegnere e la matematica delle banche e della borsa vacillano per mancanza di vigore e di autorità e si cade nel caos …” (Il gioco delle perle di vetro). Silvia Ronchey, nel suo ultimo libro con James Hilmann, ha scritto: “Se Steve Jobs, morendo, ha lasciato detto: Stay hungry, stay foolish, l’ultimo insegnamento di James Hilmann è: Stay thinking, ‘resta pensante’ fino all’ultima soglia dell’essere”.

Essere e restare pensanti fino all’ultimo è decisivo per la qualità della vita e per trovare senso al nostro passaggio su questa terra.

Messaggio per la pace 2022

Papa Francesco...

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Novena 24 dicembre

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Il Natale ci fa pensare in modo del tutto naturale alla calda e gioiosa atmosfera delle nostre case con la tavola imbandita, il focolare acceso, le dolci chiacchiere degli affetti ritrovati e i bambini che scartano - stupiti e rapiti - i loro regali. Tutto ciò è molto bello, perché il Natale ci regala qualche ora in cui il tempo sembra confinare con l’eternità e il linguaggio degli affetti sembra dominare su tutto il resto. Eppure, sempre il Natale del Signore ci spinge a «preparargli le strade» accettando di metterci per strada. La stessa memoria della nascita del Verbo nella nostra carne ci riporta, ogni anno, all’immagine di una famiglia costretta a mettersi in viaggio per ottemperare a una costrizione dei grandi della terra come fu «il censimento» (Lc 2,1) e alla ricerca di una «casa» provvisoria per accogliere e custodire la vita.
Il Natale del Signore ci richiede ogni anno di ritrovare il tepore delle nostre case che sono chiamate a essere il tempio dei nostri affetti, e nello stesso tempo sembra spingerci fuori dalle nostre bambagie per spingerci verso la periferia e rimetterci costantemente in cammino verso nuove «strade» tutte da preparare e tutte da percorrere in modo da «dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1,79).

La pace e la gioia che sono inseparabili dalla celebrazione del Natale sono doni della strada e sono il frutto di un dono di sé capace di lasciarsi ricostruire dalla presenza di Dio che abita nei cuori. Accogliere il Verbo fatto carne significa lasciare che la sua vita trasformi le strutture e i modi del nostro vivere, passando per una fase di de-costruzione necessaria a creare un nuovo modo di immaginare e sognare insieme la vita, come fosse una «casa» aperta e alla cui tavola si possa sempre aggiungere un posto. Alla vigilia di Natale siamo chiamati a un serio esame di coscienza: «Quanto posto c’è nella nostra vita e quanto vuoto siamo riusciti a fare perché ci sia ancora spazio per le sorprese della vita?».😇😇
Non una casa di cedro … non uno spazio rinchiuso… il Signore ci chiede lo spazio dove il cammino della vita è sognato, desiderato e scelto 🙏🏻🙏🏻⭐️⭐️

Novena 23 dicembre

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Zaccaria non può che arrendersi alla magnifica evidenza di questo passaggio del Signore nella sua vita e in quella della sua sposa. Il dono di questo figlio è ben più del dono di un figlio e diventa per tutti la garanzia del possibile compimento di ogni promessa nella misura in cui sappiamo non solo aspettare, ma anche coinvolgerci accettando di essere cambiati e rimessi in cammino nella vita. Come commentava Giovanni Paolo II: «Zaccaria conferma ai parenti stupiti il nome del figlio, scrivendolo su una tavoletta. Dio stesso, mediante il suo angelo, aveva indicato quel nome, che in ebraico significa "Dio è favorevole". Dio è favorevole all'uomo: vuole la sua vita, la sua salvezza. Dio è favorevole al suo popolo: ne vuol fare una benedizione per tutte le nazioni della terra. Dio è favorevole all'umanità: ne guida il cammino verso la terra dove regnano pace e giustizia. Tutto questo è inscritto in quel nome: Giovanni!» (GIOVANNI PAOLO II, Omelia a Kiev, 24 Giugno 2001).

Come Zaccaria deve confermare l’intuizione di Elisabetta, così anche noi dobbiamo avere il coraggio di dare alle cose un nome che faccia ancora sognare, desiderare, sospirare:

«No, si chiamerà Giovanni» (Lc 1,60).

Ci sarà sempre qualcuno che ci richiamerà all’ordine e cercherà di farci risucchiare dal passato, dalla sterile nostalgia, dalla resistenza al futuro: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome» (1,61). A questa tentazione di continuità ingessata, bisogna resistere in modo deciso e delicato al contempo. Alla fine del racconto sembra che tutti debbano arrendersi a un’altra evidenza, che potremmo definire come la volontà del Signore di dare futuro alla nostra vita radicandola sempre di più in un desiderio che si fa profezia di speranza, tanto che

«Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose» (Lc 1,65).

Un messaggio che ci raggiunge è una sorta di assicurazione: il Signore Dio non farà mancare al suo popolo i suoi profeti che trasmettano in modo adeguato il messaggio di una salvezza che è tutta da accogliere, ma anche tutta da costruire con la messa in gioco del proprio desiderio. 😇😇😇
Dio è “favorevole” verso l’uomo, l’umanità intera, e vuole condurre ciascuno a quell’incontro benedicente che cambia non solo la storia dei popoli ma innanzitutto la nostra storia! ⭐️⭐️
Dio ti è “favorevole” ma attende che tu ci metta la firma sulla tavoletta della tua vita 🙏🏻

Novena 22 dicembre

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Ciascuno di noi è come Maria, la madre del Signore, interamente donata per vivere l’accoglienza del Verbo nella sua carne per donarlo come compagno di cammino a tutti gli uomini. Nella Colletta della Messa un desiderio si fa preghiera: «concedi a noi, che professiamo la fede nella sua incarnazione, di partecipare alla sua vita immortale». Di questa partecipazione è icona la visita di Maria ad Elisabetta, in cui tutto il desiderio di queste due donne – visitate e ormai abitate in modo così sensibile dalla grazia - è proprio quello di partecipare l’una all’altra la propria esperienza di donne graziate e, per questo, piene di servizievole tenerezza. Alla luce di questo mistero della Visitazione, l’inno del Magnificat è una partecipazione – mediante una sua rilettura orante - a tutta la storia della grazia in modo così profondo da far percepire la grazia della storia.

Sotto ogni versetto del Magnificat possiamo indovinare un fiume segreto di gioie e speranze, dolori e angosce che hanno attraversato e continuano ad attraversare il cuore e le viscere dell’umanità. Sembra che Maria non possa resistere a questo bisogno di raccontarsi e di raccontare, come pure di ascoltare ciò che Dio ha compiuto nel seno sterile di Elisabetta con la stessa forza con cui si è fatto dolcemente presente nel suo seno ignaro di nozze.
Ciò che Maria va a raccontare non è se stessa, ma la graziosa misericordia di Dio che avvolge tutta la storia dell’umanità e si fa garante della vita e della gioia dei poveri e dei piccoli: «Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia» (1,54). Davanti al dono di Dio che cambia la sua vita facendo del suo corpo la sua dimora, Maria ha lo stesso sentimento di restituzione attraverso il ringraziamento di Anna, la madre del piccolo Samuele:

«Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto: ... per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore» (1Sam 1,27-28).
Come esorta Ambrogio di Milano: «Sia in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. C’è una sola madre di Cristo secondo la carne; secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio… Cristo è “l’immagine di Dio” (2Cor 4,4) perciò l’anima magnifica l’immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata» (AMBROGIO DI MILANO, Omelie su Luca, 2, 26-27). 😇😇😇😇
Anche noi siamo “visitati” graziati ogni giorno … anche noi come Maria andiamo a raccontare ciò che Dio scrive nella storia…. La nostra innanzitutto e in quella dell’umanità ⭐️⭐️⭐️😇😇 non lasciamoci svilire dalle storie del mondo che racconta solo se stesso…. Parliamo di Lui 🙏🏻🙏🏻🙏🏻🙏🏻

Novena 21 dicembre

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
“Appena Maria l'ebbe saputo, si avviò in fretta verso la montagna. Non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio, o dubitasse, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia.”
L’amore porta in sé sempre una certa urgenza ed è proprio questo dinamismo che è capace di trasfigurare luoghi e tempi abituali - talora così grigi e scontati - in qualcosa di «incantevole» (2,14) e capace di attrarre fino a rinnovare radicalmente il desiderio, infondendo il coraggio di rimettersi in viaggio nell’avventura della vita.
Mentre la celebrazione del Natale si avvicina, siamo chiamati a farci prendere per mano da Maria, la «madre del mio Signore» (Lc 1,43), come la chiama ormai Elisabetta, per metterci - a nostra volta - in cammino, in viaggio, in pellegrinaggio… Poco importa quale sia la meta dei nostri passi, l’essenziale è raggiungere una «casa» (1,40) in cui ciò che portiamo dentro, come il più grande dei segreti, possa finalmente essere condiviso in una gioia contagiosa. L’icona della Visitazione è una porta per comprendere il mistero dell’incarnazione. Ciò che viene vissuto da Maria e da Elisabetta e, attraverso di loro, da Gesù e da Giovanni, è la ragione ultima degli abbassamenti del Verbo, che viene ad accamparsi tra di noi proprio per riprendere il filo del racconto e ritrovare quella fiducia e quell’amicizia che permettono a ciascuno di dirsi senza paura e senza vergogna, nella piena esultanza di poter condividere tutto ciò che porta dentro il seno del proprio cuore.
Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta finalmente può scoppiare la «gioia» (1,44) che è il frutto della libertà di raccontarsi senza nessun timore di essere fraintesi. Il Cantico evoca quest’atmosfera di intimità capace di trasformare il freddo inverno in dolce primavera😇😇😇
Cerchiamo anche noi di creare in ogni incontro quella “casa familiare “ perché portiamo il Saluto della Grazia di Dio che ci visita ogni giorno ⭐️⭐️⭐️

Novena 20 dicembre

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
adultera:

«Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo» (Lc 1,31-32).

Mentre il re Acaz si chiude dentro la roccaforte delle proprie paure e rinuncia a porre domande – arrivando a «stancare» (Is 7,13) la pazienza di Dio – Maria interroga il suo turbamento interiore e, soprattutto, interroga colui che lo ha generato, per verificare la provenienza di una parola così bella e «impossibile» (Lc 1,37) da udire:

«Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?» (Lc 1,34).

L’interrogativo di Maria è tutto diverso da quello che ha reso muto il sacerdote Zaccaria. Pur avendo molte più ragioni di invocare spiegazioni e di cercare rassicurazioni, la giovane fanciulla non chiede al Signore di essere esonerata dal peso della sua libertà, ma cerca solo strumenti per poter aderire con fiducia e speranza a quanto le sta capitando. A differenza di Acaz, che dice di non voler chiedere nulla perché non vuole «tentare il Signore» (Is 7,12), Maria invece prende la parola e interroga proprio per non cadere nella tentazione di continuare a credere in Dio senza iniziare a credere anche in se stessa. A differenza di Zaccaria, Maria non vuole affatto «conoscere» (Lc 1,18), ma unicamente scoprire come potersi aprire a questa sconvolgente novità di vita. Il frutto di questa fiducia diventa la grande possibilità di mettere la propria firma in un progetto non suo, considerandolo come la cosa più bella che le potesse capitare:

«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).

Dopo aver udito dalle sue labbra il segno di un’adesione libera, intima e piena al disegno di Dio, l’angelo può finalmente congedarsi dalla Vergine: «E l’angelo si allontanò da lei» (1,38).
Non avendo chiesto di conoscere cosa ma soltanto come avverrà il compimento della parola di Dio, Maria diventa lei stessa quel segno che Acaz non ha osato invocare dal cielo:

«Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14)

Un segno di speranza per il mondo intero e per ogni storia umana. La speranza del Vangelo è sempre quella che Dio non sia un volto da cui nascondersi, né un concetto in cui perdersi, ma qualcuno con cui poter costruire insieme il sogno di una condivisione di umanità, fraterna e accessibile a tutti. Il vertice di questa speranza è la scoperta che la nostra vita – così com’è realmente – può essere una tenda capace di accogliere e generare un eccesso di vita e di vitalità in cui si rivela il grande mistero dell’Emmanuele: «Dio è con noi».😇😇😇😇😇
Non nascondiamoci da Dio… lasciamoci provocare ancora una volta dal Suo invito: quale Spazio il Suo Verbo può prendere in noi perché si faccia “carne” concreta la Sua Presenza sulla terra???🙏🏻🙏🏻⭐️⭐️⭐️⭐️

Novena

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️

«Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24).

Il nobile gesto di Giuseppe di accogliere la madre e il bambino non fa altro che creare un solco di terrena umanità capace di accogliere al caldo il seme del Verbo di Dio che si fa carne, che si fa uomo, che si fa fratello. Il sogno profetico del profeta Geremia si compie nel segno di squisita umanità con cui Giuseppe accetta di farsi carico del mistero dell’incarnazione accettando di mettere al primo posto non la propria dignità di uomo e di credente, ma il bisogno della «sposa» e del «bambino che è generato in lei» (1,20). Il passo che Giuseppe accetta di compiere a nome di tutta l’umanità è quello di fare un passo indietro: dal bisogno e desiderio di generare, si passa ad accogliere incondizionatamente, fino a farsi carico di ciò che è già «generato».
Giuseppe diventa così il modello e il paradigma di quella rivoluzione del modo di pensare a Dio per ripensare il nostro modo di essere umani di cui le parole e i gesti del Signore Gesù tracceranno le linee portanti nella predicazione del Vangelo. L’evangelista Matteo, secondo il suo solito e il suo stile, applaude, per così dire, alla capacità innovativa di Giuseppe glossando con una certa solennità:

«Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele che significa Dio con noi”» (Mt 1,22-23).😇😇😇
Giuseppe, colui che fa un passo indietro e mette al primo posto il bisogno di un “bambino” … e noi?

Avvento 14

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
La nostra attesa per la rinnovata celebrazione del mistero del Natale prende, per così dire, la rincorsa verso Betlemme. Come ogni anno, un di più di poesia prepara il nostro cuore a rinnovare la meraviglia per il mistero dell’incarnazione, che rappresenta il cardine della rivelazione di Dio in Cristo Gesù. Tutta la Chiesa oggi si rivolge al Signore cantando:

«O Sapienza dell’Altissimo, che tutto disponi con forza e dolcezza: vieni ad insegnarci la via della salvezza».

La prima lettura ci raduna attorno al letto di Giacobbe nel momento in cui il patriarca chiama a raccolta i suoi dodici figli per sognare e segnare il loro futuro. La lunga litania di benedizioni e di raccomandazioni trasforma il momento della morte di Giacobbe in una sorta di ampia visione della storia. Giacobbe rappresenta, nell’incremento di umanità raccontato nelle Scritture, una tappa fondamentale: è il primo uomo che sogna ed è la prima persona che si innamora. Entriamo in questa immediata preparazione al Natale proprio così: sognando e amando. Le parole di Giacobbe ci aiutano a comprendere meglio ciò che la Liturgia ci fa pregare nell’invocazione che ritroviamo come versetto al Vangelo e che è l’antifona al Magnificat dei Vespri:

«Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare?» (Gen 49,9).

L’immagine del leone è un’icona che ritroviamo spesso nella simbologia religiosa, ma sulle labbra di Giacobbe morente il simbolo è rafforzato dalla «leonessa». Tra i leoni è la leonessa che corteggia il maschio fino a conquistare la sua attenzione ed è sempre la leonessa che va a caccia per nutrire i piccoli, tanto da essere talora più pericolosa del leone per il suo istinto di cura e di protezione. Il Verbo si fa carne con la magnificenza del leone e la passione della leonessa, con quella forza e dolcezza che permette alla vita di crescere e di dilatarsi. La lunga litania di nomi – alcuni noti e altri perlopiù sconosciuti – con cui l’evangelista Matteo ci introduce nel mistero della «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt 1,1) – è un riassunto di come uomini e donne, attraverso la storia, hanno tessuto la tela della vita alternando non sempre sapientemente forza e dolcezza. ⭐️⭐️⭐️ 🙏🏻🙏🏻🙏🏻
Anche nella storia dei nostri giorni, di questo giorno, entriamoci sognando e amando con la stessa passione del leone di Giuda che è Gesù 😇😇😇😇

Avvento 12

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Vi è una rassicurazione che il Signore, per mezzo del profeta, offre a ciascuno di noi: «Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura; io, il Signore, compio tutto questo» (45,7). Con queste immagini paradossali ci viene detto come e quanto il Signore si coinvolge nella nostra vita in modo forte. Non è diversa la reazione del Signore Gesù alla domanda che, attraverso i suoi discepoli, gli viene posta dal Battista ormai in carcere e bisognoso di comprendere, infine, il senso della sua missione:

«In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi» (Lc 7,21).

Il dono e il prodigio della creazione si radicalizzano: le nubi non danno più pioggia ma fanno piovere la giustizia. È come se il Creatore facesse un passo in più… uscendo ancora di più da se stesso per abitare la creazione in modo nuovo: il Verbo si fa carne.

I segni compiuti da Gesù sono segni di passaggio… di passaggio della grazia e della misericordia.

Andare, vedere, sentire, riferire: quattro verbi per continuare il nostro cammino di Avvento. 😇😇😇
Anche noi abitiamo e viviamo dentro questo passaggio che è in atto in tutta la Creazione: dalla Grazia del dono dell’esistenza alla Misericordia dell’Amore che ci porta alla pienezza della Comunione 🙏🏻

Avvento 11

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
“Va oggi a lavorare nella vigna”
Una parabola ci viene oggi raccontata per aiutarci a prendere una decisione importante per la nostra vita di discepoli: «lavorare» (Mt 21,28). In una cultura sempre più ossessionata dal tempo libero e dalla continua programmazione delle vacanze, siamo riportati alla realtà di una vita che non si qualifica per il tempo che ci lascia libero, ma a partire dal modo in cui siamo impegnati a fare del tempo e dello spazio, in cui viviamo, una vera partecipazione all’opera del Creatore. Pertanto il Signore Gesù ci ricorda pure che compiere «la volontà del padre» (21,31) non si limita a dare una “bella risposta” teorica che cerchi di non deludere e di non contraddire, ma è qualcosa che esige delle scelte concrete di vita ed è impastata con la nostra vita per quella che è nella realtà e non per quello che ci piacerebbe fosse nel nostro immaginario. 😇😇😇
Ogni giorno ci sono chieste scelte che mettano in luce il nostro desiderio di pienezza e di eternità ⭐️⭐️ essere “in Dio” non è questione solo dell’ultimo giorno ma di ogni giorno 🙏🏻

Avvento 10

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
capi cercano in tutti i modi di ridurre tutto alla questione che sta loro a cuore, fino a domandare in modo serrato: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità» (21,23). Per il Signore Gesù la questione importante non è l’autorità, quanto piuttosto la possibilità di ritrovare la via del sogno di una vita più bella e più piena da condividere con tutti. Mentre i cortigiani del tempio vogliono ingabbiare la parola e i gesti del Signore Gesù dentro i loro schemi asfittici, il Signore sembra muoversi con l’andatura e la pizzicante libertà di Balaam. Ingaggiato per maledire Israele, questo profeta-mago è talmente ammirato della bellezza dell’accampamento da trasformare la maledizione in un «poema» (Nm 24,3).
Ciò che destabilizza nel modo di reagire da parte del Signore Gesù è la sua indole poetica che si scontra radicalmente con il modo di porsi dei capi del popolo, sempre intenti a contabilizzare e assestare il loro potere. A giudicare dalla risposta del Signore Gesù, non si può comprendere la realtà se si vuole entrare in essa con la chiave dall’«autorità» (Mt 21,23).
Detto in altre parole, il Signore si sottrae al gioco del potere che è, famelicamente, preoccupato di legittimare se stesso facendo finta di legittimare gli altri. La risposta del Signore Gesù mette il dito direttamente nella piaga di ogni forma di potere: la paura! Infatti, i capi si bloccano non perché veramente sentono di dover dire «Non lo sappiamo» (Mt 21,27) ma perché hanno una grande «paura della folla» (Mt 21,26).
Mentre ci accingiamo a entrare nella seconda parte dell’Avvento, siamo invitati a uscire dalla paura per osare la libertà della poesia che si fa docile alla meraviglia, accettando non solo di vedere, ma anche di cambiare modo di vedere😇😇😇
Ritroviamo il Sogno poetico e creativo di Dio sul mondo ⭐️

Avvento 10

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Nessuna attesa del Regno di Dio può fare a meno di una trasformazione delle proprie attese:

«sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola» (Sir 48,1).

Alla fine del Vangelo si afferma quasi perentoriamente: «Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista» (Mt 17,13). Il riferimento a Elia e a Giovanni riporta ciascuno di noi alla dimensione radicalmente profetica della propria esperienza discepolare. Potremmo dire che attendere e accogliere ancora una volta nella nostra vita il mistero dell’incarnazione significa accettare di passare per il fuoco dell’inevitabile trasformazione di cui fa parte la purificazione e conversione delle nostre attese.
Subito dopo aver contemplato nella luce della Trasfigurazione sul monte Tabor il mistero del Figlio, i discepoli sono invitati dal Maestro a rettificare le loro attese e a rinunciare a ogni immaginazione messianica, per entrare radicalmente nel dinamismo dell’incarnazione, che si manifesta pienamente nel mistero pasquale: «Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto». La conclusione non lascia scampo:

«Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro» (Mt 17,12).

Proprio mentre le sdolcinature natalizie diventano persino aggressive nella corsa ai regali e nella messa a punto dei menu dei “veglioni”, la Parola di Dio ci riporta alla profondità del mistero. Facendo l’elogio degli antenati, il Siracide non trova di meglio e di più da dire su Elia: «tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri» (Sir 48,10). Non vogliamo certo rinunciare alla dolcezza e alla tenerezza del Natale, ma non possiamo altresì dimenticare le esigenze che vengono dal mistero dell’incarnazione: trasformare la nostra vita accettando di passare sempre attraverso il crogiolo di una carità e di una fraterna solidarietà sempre più generosa.⭐️⭐️⭐️⭐️
L’Avvento ci chiede il coraggio di far “Avvenire” davvero e sempre più, la presenza di Dio nella nostra vita … a volte serve anche la “violenza” e il “fuoco” per togliere ciò che lo ostacola 🙏🏻

Avvento 9

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
profeta Isaia ci permette, per così dire, di sdoganare una parola che, nella cultura dei nostri giorni, talvolta segnata da un certo edonismo misto a superficialità, risuona sovente non senza ambiguità: «benessere». Questa parola campeggia su molti annunci pubblicitari di vario genere: dai viaggi in posti esotici a mille altre opportunità. Sono tanti a promettere il benessere, ma sono pochi a indicare la via per potervi giungere. Il profeta Isaia ci conforta e allo stesso tempo ci indirizza:

«ti guido per la strada si cui devi andare» (Is 48,17).

Mentre siamo tentati di aspettarci il benessere come un beneficio che ci viene dall’esterno e che sembra direttamente proporzionale alla nostra passività nel goderne, la parola di Dio ci aiuta a ritrovare la strada del benessere come un processo interiore da costruire, giorno dopo giorno, con l’impegno della nostra vita e attraverso scelte concrete che siano frutto di un maturo discernimento. Per questo siamo richiamati all’esercizio di un’attenzione capace di valutazione:

«Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe stato come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare» (Is 48,18).

Il benessere che tutti cerchiamo e cui abbiamo diritto non è dunque lasciare la propria vita nelle mani di altri senza più pensarci, come si fa quando ci si abbandona a un massaggio rilassante o ci si lascia andare in una sauna tonificante. Al contrario, è il frutto dell’«attenzione». Forse al cuore del rimprovero che il Signore Gesù fa a quanti continuano a criticarlo vi è proprio l’invito a una maggiore attenzione per evitare che lo scontento e la recriminazione divengano la maschera della propria delusione di doversi impegnare personalmente e attivamente nel gioco della vita. Sembra che ai «bambini» evocati dalla parabola non importi né il suono del «flauto» né, tantomeno, il canto di un «lamento» (Mt 11,17). Questo perché, in realtà, non hanno voglia né di ballare, né di battersi il petto, ma solo di criticare comodamente dalla loro postazione di spettatori annoiati e criticoni.
Il Signore ci invita invece a coinvolgerci in prima persona, preferendo il rischio di una presa di posizione al comodo “stare a guardare” aspettandosi un benessere gratuito che non sarà mai capace di emozionare di gioia o di dolore, permettendoci così di sentirci vivi. Il Dio che attendiamo in questo tempo di Avvento non è un “bacchettone” imbronciato che ci permette di essere lamentosi e sempre scontenti, ma assomiglia invece a un esperto e appassionato maestro che insegna i passi della danza. Con amore continua a sussurrare al nostro cuore talora timoroso di coinvolgersi e di rischiare: «ti guido» (Is 48,17). Con questa parola non si rivolge prima di tutto e solamente al nostro intelletto che deve distinguere il bene dal male, ma anche e, soprattutto, ai nostri piedi che devono imparare il ritmo, la sequenza, l’accordo con il movimento e i movimenti dei nostri fratelli e sorelle. Con loro siamo chiamati a costruire una sorta di cerchio magico in cui ciascuno si senta accolto e al sicuro per rendere questo mondo più vero, più bello, più buono… più adatto alle grandi e profonde emozioni che ci fanno sperimentare il benessere di essere vivi. 😇😇 umilmente apriamo l’orecchio x sentire il ritmo della danza e apriamo il cuore per avere il coraggio di seguirLO ⭐️⭐️⭐️

Avvento 8

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Gregorio Magno si pone una serie di domande rileggendo il testo evangelico che la Liturgia ci propone per nutrire la nostra attesa in questo tempo di Avvento: «Come può subire violenza il regno dei cieli? Chi può farla questa violenza? E se il regno dei cieli può essere esposto alla violenza, perché lo è solo dal tempo del Battista e non da prima?». Ed è lo stesso papa che offre una possibile risposta: «Fratelli carissimi... riflettiamo anche noi su tutto il male che abbiamo fatto: impadroniamoci dell'eredità dei giusti attraverso la penitenza. Il Signore vuole accettare questa violenza da parte nostra. Egli vuole che ci impadroniamo in tal modo del Regno che non ci era dovuto in base ai nostri meriti» (GREGORIO MAGNO, Omelia per l’Avvento, n° 20). Per meriti sono da intendere proprio la nostra risoluzione a entrare e rimanere nel numero di quei piccoli di cui il Signore Gesù ci parla nel Vangelo:

«ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Mt 11,11).

Non possiamo nascondere un certo imbarazzo davanti a questa sorta di elogio della «violenza» che si fa quasi invito a diventare «violenti» (11,12). Eppure, proprio il riferimento a Giovanni Battista ci aiuta a comprendere il senso profondo di questo invito del Signore: si tratta di esercitare il dono profetico che abbiamo ricevuto nel battesimo, per essere capaci di prendere posizione e di non lasciare nessuno spazio alle ambiguità del desiderio del cuore. 😇😇
Siamo come dei contadini intenti a dissodare i campi per potervi piantare i semi che daranno il futuro raccolto. Dissodare è un lavoro duro che esige non di accarezzare la terra, ma di farle una certa violenza perché si apra all’accoglienza del seme e se ne faccia grembo fecondo. Ogni giorno dobbiamo dissodare la terra del nostro cuore e per questo abbiamo bisogno della giusta dose di violenza perché la terra del nostro cuore «ascolti» (Mt 11,15). ⭐️⭐️⭐️

Immacolata

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Oggi festeggiamo il mistero di Maria, la madre del Signore che rimane, pur sempre, una nostra sorella in umanità. Le parole imbarazzanti con cui l’uomo si schermisce davanti all’Altissimo possono essere riaccolte quest’oggi con un sapore molto diverso: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato» (Gen 3,12). In questo modo Adamo cerca di giustificarsi, ma, in realtà, riconosce di non aver capito che l’essere gli uni accanto agli altri è un’opportunità per discernere meglio cominciando a vedere meglio insieme

«per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità… a lode dello splendore della sua grazia» (Ef 1,4-6).

A fronte del dialogo tra il Creatore e le sue creature nel giardino di Eden, rileggiamo il racconto di un altro dialogo: quello di Maria con Gabriele. L’atmosfera è completamente diversa, perché il dialogo è sommamente franco e rappresenta per Maria un modo non per nascondersi davanti al desiderio di Dio, ma di aprirsi ad esso in tutta libertà e piena consapevolezza:

«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).

Maria accoglie e non subisce la volontà del Signore. Oggi contempliamo, in Maria, una possibilità che è di tutti noi ed è per tutti noi: possiamo ritrovare la nostra innocenza nella misura in cui accettiamo di misurarci con la nostra libertà e la esercitiamo fino in fondo. Come la promessa sposa di Giuseppe, poniamo domande diventando così capaci di dare risposte, senza dimenticare che siamo posti «accanto» gli uni gli altri per sostenerci e spronarci in questo cammino di umanizzazione ineludibile e appassionante. ⭐️⭐️⭐️

Avvento sant’Ambrogio

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Così è la volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda» (Mt 18,14).

Ogni volta che, ripetendo la preghiera del Signore, invochiamo: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» dovremmo poter sentire tutto lo stupore di sapere che questa volontà non ha nulla che fare con la potenza, né, tantomeno, con l’onnipotenza, ma si identifica con questo continuo desiderio che sta al cuore dell’Altissimo di cercarci e di trovarci. La domanda che viene lanciata dal Signore Gesù ai suoi ascoltatori rimane sospesa, come una parola di giudizio, sulla storia fatta di piccoli e di grandi momenti, di piccoli e di grandi gesti:

«non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?» (Mt 18,12).

Naturalmente non dobbiamo dimenticare che, nella preghiera, chiediamo che la volontà del Padre si compia «come in cielo così in terra», e ciò significa che questa volontà non è solo da accogliere su di noi, ma da accogliere dentro di noi come principio formale di atteggiamento nei confronti della vita. Se riconosciamo che la volontà del Padre è questo continuo ricercarci e riportarci a casa, anche noi siamo chiamati, ogni mattina, a contare e a ricontare - amorevolmente - le pecore del nostro ovile di relazione, per accorgerci in tempo se «una di loro si smarrisce» (18,12) e agire, di conseguenza, con lo stesso atteggiamento di Dio, un atteggiamento intessuto di attenzione, di compassione e persino di amore preveniente. Non si tratta solo di uno sforzo, perché a tutto ciò è connessa, naturalmente, anche una promessa:

«se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite» (Mt 18,13).

Avvento 7

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Sembra proprio che il Signore Gesù sia profondamente e perennemente intento ad aprire il «cammino» della felicità di tutti coloro che lo incontrano e si fanno realmente toccare dalla sua presenza e dalla sua parola. L’evangelista Luca, presentandoci la scena, ci pone chiaramente di fronte a due atteggiamenti possibili e diametralmente opposti di fronte alla vita e, in particolare, di fronte alla sofferenza: «Gesù stava insegnando» e «Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge» (Lc 5,17). La differenza tra Gesù e i farisei non consiste tanto nel contenuto dell’insegnamento, quanto - piuttosto - nel modo con cui questo insegnamento incrocia e intercetta continuamente la vita e lo fa non solo accogliendola, ma incrementandone le possibilità di autentica felicità. Il Signore non si aspetta solo che gli altri lo ascoltino, ma è sensibile alle interrogazioni che gli vengono dalla vita degli altri e non solo attraverso le parole, ma soprattutto attraverso i gesti:

«lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza» (Lc 5,19).

Questo gesto interpella il Signore, che ha occhi per la «fede» (5,20) degli altri e non solo per quello che egli va insegnando e comunicando. Ed è in questa attenzione che egli si lascia toccare dal desiderio di una vita più piena e più vera. Al contrario, «i farisei cominciarono a discutere» (5,21). Questa seconda tappa, dei quattro tempi dell’Avvento, comincia con quella che potremmo definire un’interrogazione sulla felicità che, in quanto promessa e donata veramente a tutti, disturba i sogni e sonni dei benpensanti e dei ben pianatati nella vita e nella storia:

«Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere in terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico -: alzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua» (Lc 5,24)

… verrebbe da aggiungere: sulle tue gambe e con le tue gambe. Il perdono dei peccati non ha niente a che vedere con un senso permanente di inferiorità, ma con un’esperienza di restituzione piena a se stessi: «e andò a casa sua glorificando Dio» perché, come ricordava già Ireneo di Lione, «la gloria di Dio è l’uomo che vive». Potremmo parafrasare dicendo che la gloria e la rivelazione di Dio è l’uomo felice come «fiore di narciso» (Is 35,1) posto all’occhiello della creazione. Se c’è una «vendetta» (35,4) divina contro il male, come diminuzione della vita, è proprio la felicità che scorre «come acque nel deserto» e come «torrenti nella steppa» (35,6). Per questo «quando siamo abbattuti, possiamo risollevarci ogni giorno» poiché «è Dio che ci ha creati in piedi, a differenza di tutti gli altri esseri viventi» (W. KASPER) 😇😇😇

Avvento 6

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Mentre si conclude questa prima settimana di Avvento, potremmo fermarci un attimo per valutare, appunto, la qualità del nostro modo di attendere, perché sia secondo il cuore di Cristo Signore. Il Vangelo ci offre un elemento fondamentale e chiaramente indicativo per discernere se la nostra attesa è incastonata nella speranza messianica oppure è semplicemente un’espressione egoistica o, peggio ancora, una forma di estetismo spirituale. Il criterio è presto detto:

«ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9,36).

Si può concludere così che ciò che dà sostanza alla nostra attesa del compimento del «Regno» (9,35) è la capacità di sentire una compassione che si fa pronta e generosa condivisione del pane della speranza. Questo pane non può che essere condiviso in obbedienza a ciò che può essere assunto come legge fondamentale e criterio ineludibile di discernimento: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8).
Proprio come quando si dice a un bambino «non piangere» e con questo lo si vuole consolare di tutto il dolore che può sentire e sostenerlo nella fatica di affacciarsi alla vita. Il Verbo, facendosi carne e assumendo l’interezza della nostra umana avventura, si fa accanto a ognuno di noi con il fazzoletto della consolazione. Non è un caso vedere il Signore Gesù che, all’inizio del suo ministero, prende casa a Cafarnao. Si tratta di un piccolo ma complesso insediamento umano, il cui nome significa appunto «villaggio della consolazione». L’Avvento rianima il nostro desiderio unito a quello di tutta l’umanità e dell’intera creazione, in attesa dell’Agnello-Pastore che «asciugherà le lacrime» (Ap 21,4).😇😇😇😇
Questa è la nostra “attesa” ⭐️⭐️ allenarci alla compassione ed alla consolazione nella certezza che Lui si fa vicino in ogni nostro gesto offerto con la gratuità dell’amore sincero😇

Avvento 5

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️
Il cammino di Avvento ci obbliga a fare il punto sulla qualità della nostra fede, intesa come apertura al flusso della vita che dal grembo amoroso di Dio si riversa nelle nostre vite, chiamate a fare da conduttori affidabili alla grazia che transita attraverso di noi per riversarsi nella vita degli altri.

Il Signore Gesù ci pone la domanda: «Credete che io possa fare questo?» (Mt 9,28). Rispondere a questa interrogazione significa per noi riprendere il timone della nostra vita accettando di viverla con responsabilità e impegno. I nostri occhi si aprono, infatti, nella misura in cui prendiamo coscienza di voler vedere e quindi di poter accogliere il dono rinnovato di un modo nuovo e impegnativo di vedere, di concepire e di rischiare la vita.
Eppure il Signore Gesù non si accontenta di venire incontro alle nostre necessità e al nostro bisogno. Così il bisogno di vedere deve prima passare attraverso la disposizione intima a credere… di poter vedere tanto da voler vedere. Ciò che il Signore fa per noi vuole farlo attraverso di noi, guidandoci in un processo di maturazione interiore che ci faccia andare oltre – anche se attraverso – i nostri bisogni illuminati da uno sguardo più ampio.

Il Signore ci soccorre non solo secondo il nostro desiderio, ma secondo la nostra fede che potremmo definire una capacità di andare alla radice di ogni desiderio e al senso più ampio di ogni bisogno. Se recuperare la vista è importantissimo, è ancora più essenziale sapere che cosa vogliamo vedere e come vogliamo esercitare i nostri sensi per trovare il senso della vita. Tutto ciò esige un quotidiano cammino di discernimento che passa attraverso l’imbuto di un riconoscimento onesto di ciò di cui abbiamo veramente bisogno senza appiattirci sui nostri bisogni. Chiedere al Signore di poter vedere comporta sempre la disponibilità a voler vedere, camminando nella vita a occhi aperti e con cuore grato, facendo di ogni giorno una «lezione» di vita. 😇😇😇
A quale “bisogno” ci guida veramente il grido della nostra fede? Andiamo con coraggio alla radice dei nostri bisogni senza accontentarci di ciò che urge alla superficie ⭐️⭐️⭐️

Avvento 4

Illuminati dalla Parola ⭐️⭐️⭐️

«Non chiunque mi dice “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21).

La volontà del Padre, cui la parola del Signore rimanda il cammino personale e intimo di ogni discepolo, non è una realtà che ci sovrasta né tantomeno che ci umilia. Essa è l’oggetto di un canto e di un’ammirazione capace di dare una consistenza forte alla nostra vita: «Abbiamo una città forte; mura e bastioni egli ha posto a salvezza» (Is 26,1). La volontà del Padre non è un compito da eseguire, né tantomeno una realtà estrinseca da subire, ma è una relazione sorgiva che permette di dare un contenuto di bellezza e di promessa a tutte le nostre migliori possibilità.
Come la solidità di una casa è assicurata dal fatto di poggiare sulla roccia, così è la nostra relazione a Cristo Signore a dare consistenza alla nostra vita a partire da una relazione intima, capace di solidificare tutto il ventaglio e la rete di relazioni che fanno la bellezza e la sfida del nostro vivere quotidiano.
La solidità della roccia si invera in una carezza che rassicura. La forza del granito che evoca la stabilità si invera nella fragilità assunta di un Dio che si fa uno di noi. La sfida si rinnova in ogni Avvento. In realtà si rinnova ogni mattina ed è quella di rifondare continuamente la nostra vita a partire dall’unilateralità di un amore offerto come si offre un bambino allo sguardo e alle carezze senza i quali la vita non sarebbe possibile. La memoria dell’incarnazione del Verbo ci riporta sempre all’unilateralità dell’amore di Dio per noi che non è stato un discorso o una teoria, ma si è fatta evento di presenza consegnato alle nostre mani e affidato alla nostra attenzione. ⭐️⭐️⭐️😇😇😇😇
La nostra vera roccia è la Relazione con Lui … ⭐️⭐️