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PARROCCHIA S. MARTINO VESCOVO

20 settembre. XXV domenica Tempo Ordinario

Chi è il più grande, il più importante…? domanda che certamente spesso ci siamo fatti anche noi. La risposta a questa domanda dipende da cosa ciascuno di noi intende per persona più importante. Secondo la logica del mondo è importante chi ha una certa posizione nella società… e in ogni campo c’è chi è più importante, chi è più grande o chi lo è di meno (anche nella Chiesa!). Qualcuno dice che sia proprio questa la molla che mantiene in tensione la vita di tanta gente: fare carriera, la competizione, diventare più degli altri… Anche gli apostoli discutevano tra loro di chi fosse più grande. E Gesù risponde loro: “se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.
In queste parole, che oggi ognuno di noi deve sentire rivolte a se stesso, si sente risuonare l’eco di quella pagina del profeta Isaia che ci parla del Servo di Jahvè che si fa carico del dolore e delle sofferenze del mondo per amore. L’annuncio della passione che Gesù fa ai discepoli è in linea con la profezia di Isaia. Il giusto, colui che vuole rimanere fedele al suo Signore, è destinato nel mondo non a una vita tranquilla, ma è esposto agli insulti degli empi: “tendiamo insidie al giusto che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni”… ci rimprovera con la sua vita e i suoi atteggiamenti. Sentiamo più che mai vere queste parole oggi. Tanti credenti, per essere fedeli al Vangelo, vivono situazioni di emarginazione culturale, sociale e politica; chi vuole essere fedele oggi alle parole di Gesù si scontra spesso e necessariamente con un mondo e una realtà sociale che non accettano puntualizzazioni di carattere etico e morale, che sono insofferenti nei confronti dei richiami alla solidarietà, all’impegno gratuito, alla fraternità, che sentono come un “non senso” rinunciare, per esempio, ad una carriera tesa all’essere “di più” degli altri…
Guai se non succedesse questo! Una Chiesa, o dei cristiani, che non sentissero questo impegno a farsi servi degli ultimi e non provocassero la contestazione dei non credenti, o non interpellassero quei cristiani che sono tiepidi… ci porrebbero l’interrogativo se ancora siamo fedeli al Vangelo.

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13 settembre. XXIV domenica Tempo Ordinario

"Rinnegare se stessi… perdere la propria vita"! parole che sembrano quasi un invito a un suicidio morale per chi vuole essere discepolo di Gesù; come dire: se vuoi essere cristiano devi rinunciare ad ogni gioia di vivere (e diciamo che c’è stato un certo periodo della spiritualità cristiana che era su questa linea…). A dir la verità non è una proposta tanto allettante, non può essere una proposta che ci riempie di gioia come tante volte il vangelo ci presenta.
E poi, attorno a noi, oggi, si parla un linguaggio differente; ci sono altre parole d’ordine: godi la vita, fa’ soldi, cerca il piacere, il successo, il prestigio… E anche a noi cristiani la cosa sembra abbastanza normale tutto sommato: nelle nostre case stiamo ancora abbastanza bene, i soldi non ci mancano; è normale che uno cerchi di vivere meglio che può.
Allora sentiamo tutta la difficoltà a capire queste parole, come era difficile per S. Pietro capire ed accettare queste e altre parole, quelle che Gesù aveva detto poco prima parlando di se stesso: che cioè il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, venire ucciso…
E invece Gesù vuole far passare un altro modo di vedere, di pensare, di agire: Gesù unisce strettamente sconfitta e vittoria, morte e vita.
Tutti i criteri umani di riuscita cedono di fronte al criterio primo e assoluto di essere in sintonia col volere di Dio. Quando noi accettiamo Dio nella nostra vita come il primo e l’unico, dobbiamo accettare che sia lui a determinare ogni altro valore: se Dio è amore, allora sarà l’amore il valore primo della vita del credente; se Dio rivela il suo amore nella croce di Gesù e sceglie questa strada, allora comprendiamo perché "se qualcuno vuol venire dietro a me… prenda la sua croce".

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6 settembre. XXIII domenica Tempo Ordinario

Quante volte, in alcune occasioni drammatiche della vita, abbiamo sperimentato la difficoltà di dire qualcosa… quasi un essere balbuzienti, come se le parole facessero fatica ad uscire dalla nostra bocca e dal nostro cuore… Davanti a un grave lutto, a un tragico incidente, a una gravissima malattia, stare accanto alle persone toccate dall’evento e dire qualcosa di sensato e di vero, è davvero difficile.
E quante altre volte avremmo voluto essere sordi alle domande impossibili di chi ci chiede il perché di certe malattie, di certi lutti, o alle domande indirette di chi, in ogni parte del mondo, soffre violenza e ingiustizia, o grida chiedendoci un minimo di comprensione e carità.
Dove poter prendere la forza per potere anche noi dire come la prima lettura della liturgia di oggi: “coraggio, non temete… il vostro Dio viene a salvarvi”?
Dio si impegna nelle situazioni più difficili della vita, si espone in prima persona, promette ciò che umanamente è insperabile. Lui lo dice e lo fa.
Anche noi siamo portati a raccogliere la sfida della portata salvifica di questo annuncio. Quel “effatà, apriti!” rivolto da Gesù al sordomuto, è un comando rivolto anche a noi oggi, forse incapaci di sentire e di parlare, e forse, a volte, anche di vedere, di fronte a tanti drammi della vita.
La Parola del Signore è un invito alla speranza: solo l’incontro con Gesù può cambiarci interiormente ed aprirci, senza paura, all’ascolto e alla testimonianza.

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30 agosto. XXII domenica Tempo Ordinario

Nessuno tollera l’ipocrisia. La parola ipocrita, nel linguaggio antico, derivava dal greco hypocritès e significava attore, commediante (recitare sotto la maschera). Nel linguaggio moderno significa simulare buoni sentimenti o intenzioni al fine di ingannare gli altri e acquistarne la stima.
Il modo di comportarsi esteriore dell’ipocrita non ha nessun rapporto con il suo essere intimo: c’è una dissociazione tra dentro e fuori, tra interno ed esterno, tra cuore e vita ci dice il vangelo oggi. Gesù ci dice anche che l’ipocrita fa l’elemosina, la preghiera e il digiuno ma lo fa per essere ammirato dagli uomini: sembra che renda onore a Dio ma, di fatto, usa Dio, agendo per se stesso e per la propria gloria.
L’ipocrita, allora, non è il peccatore che sbaglia, che riconosce ed ammette anche il suo errore; l’ipocrita è colui che si illude di essere a posto perché, troppo pieno di sé, è diventato cieco sulla propria situazione.
Forse un po’ di ipocrisia è anche in ciascuno di noi. E oggi Gesù ci mette in guardia facendo alcune considerazioni che ci possono aiutare a superare alcuni modi di fare che, come capitava per i farisei, sembrano essere frutto di una obbedienza e osservanza della legge, ma che di fatto non sono privi di ambiguità.

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23 agosto. XXI domenica Tempo Ordinario

Siamo arrivati al termine del capitolo 6 di questo vangelo di Giovanni che ci ha accompagnato per alcune domeniche sul tema del Pane della vita. Il tema impegnativo che Gesù ha proposto e sul quale anche noi abbiamo meditato, quello dell’Eucaristia, sembra portare a delle conclusioni inaspettate: questa parola è dura. Chi può ascoltarla? Forse è il sentimento che stiamo provando anche noi dopo aver seguito fedelmente la proposta evangelica di queste domeniche; forse anche per noi il tema che Gesù propone è difficile non solo perché capire a fondo esige un cammino impegnativo di ascolto, di ricerca e di conversione, ma anche perché sentiamo che non è solo un discorso da capire, ma specialmente un discorso da vivere. Accogliere Gesù non significa solo conoscere una proposta teorica da far diventare parte del nostro bagaglio culturale, ma esige l’accoglienza di uno stile di vita… radicale… lo stile di vita di Gesù stesso, la logica del dono di sé!
Se da una parte questo discorso appare duro e vi è l’abbandono di tante persone, dall’altra la reazione del piccolo gruppo dei discepoli ci rasserena e ci indica che, nonostante tutto, c’è sempre uno spazio di recuperabilità: Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna… Pietro ha capito che l’unica prospettiva di vita la si trova ascoltando la parola di Gesù, anche se si tratta di una parola difficile da comprendere.

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16 agosto. Domenica XX per Annum

Cosa ci fa la Chiesa cattolica a Expo 2015? Credo che la Chiesa sia presente per porre domande e aprire prospettive nuove in quel luogo che è diventato un grande laboratorio di idee sul futuro del pianeta e sulle forme di convivenza e di collaborazione tra i popoli. Il tema stesso dell’Expo, nutrire il pianeta, energia per la vita, chiama in gioco dimensioni fondamentali dell’esperienza cristiana. Il riconoscerci creature dentro un disegno che non è nostro, ma di Dio; la vocazione a diventare custodi e non sfruttatori della terra; l’impegno quotidiano perché a tutti sia garantito il “pane quotidiano” del Padre nostro; la figura di Cristo, pane vivo disceso dal cielo… sentiamo che sono tutti temi cristiani che il titolo dell’esposizione chiama in causa.
La Chiesa vuole essere presente proprio per aprire domande e riflessioni che consentano di andare oltre la superficie, come, appunto vuole fare il vangelo di oggi.
1+ Questo evento ci fa riflettere e ci fa capire che bisogna ricercare la sapienza del vivere, la capacità di distinguere ciò che nutre e fa crescere da ciò che, invece, è un’illusione. Nel vangelo di oggi Gesù ci dice più volte: chi mangia la mia carne vivrà in eterno.
2+ L’Eucaristia ci ricorda continuamente l’esperienza del mangiare. Il mangiare apre alla dimensione relazionale. Così nelle nostre eucaristie: con il Signore e con i fratelli. Un po’ alla volta, se partecipate con fede, le nostre messe possono cambiare la nostra vita e le frase di Gesù, chi mangia la mia carne rimane in me e io in lui, diventa realtà. .
3+ Ma l’Eucaristia ci dona anche la vita eterna: chi mangia… ha la vita eterna. Ha la vita, già fin d’ora e la risurrezione nell’ultimo giorno, come dicevo anche domenica scorsa. Di fronte ai limiti del male e della morte, che anche in questi tempi ci accompagnano nella cronaca quotidiana, il credente ha la certezza che il Signore e il suo pane sono più forti di tutto ciò che sembra contraddirlo.

9 agosto

La mormorazione e la critica fanno parte dell’esperienza umana e ne condiscono la quotidianità. Lo vediamo tutti i giorni nella nostra esperienza personale (quanti giudizi sugli altri!), ma lo vediamo anche a livello istituzionale, lo vediamo nel modo di governare dove, mai, c’è qualcosa di condiviso e che possa andare bene a tutti… É certamente il prezzo da pagare alla democrazia e alla libertà, ma è anche il segno di un rifiuto dell’altro e delle sue proposte, magari impegnative, verso le quali non abbiamo la pazienza di andare in profondità e di capirne la portata.
É un po’ quello che avviene nel vangelo di oggi: Gesù pone una affermazione impegnativa, io sono il pane disceso dal cielo, ed ecco la mormorazione. In questa pagina (e anche nelle prossime 2 domeniche), il vangelo di Giovanni al cap.6, ci presenta il tema dell’Eucaristia. É un tema impegnativo, ma è il tema centrale della nostra vita di fede. Vediamo un po’ alcune dinamiche dell’Eucaristia.
1+ Prima di tutto colpisce la motivazione della mormorazione dei Giudei. Costui non è forse Gesù il figlio di Giuseppe? Come può dire sono disceso dal cielo? L’umanità e la normalità di Gesù ne impediscono il riconoscimento come dono di Dio. Tutti abbiamo in testa un’idea di Dio… Gesù, invece, sconcerta per la sua normalità. Così è Dio, sempre diverso da come ce lo aspetteremmo. Pensiamo proprio all’Eucaristia, la Parola del Signore che ogni domenica ci è offerta, il suo corpo di cui ci nutriamo… segni straordinari, ma quotidiani; come può essere che Dio si manifesti così? Eppure è questa la strada che Dio ha scelto: quella della incarnazione, quella che entra nel quotidiano e che parla il tuo linguaggio, a costo anche di farcene un’abitudine o di perderne la originalità. Forse è anche quello che avviene anche nelle nostre eucaristie!
2+ Ma il Signore ci chiede di fare un passo in avanti. Gesù non risponde alle mormorazione, le capisce. Per questo pronuncia queste altre parole: nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato. Da questo momento si può andare a Dio solo attraverso Gesù, perché ormai Dio non lo si può comprendere senza l’uomo Gesù. Rifiutare Gesù è rifiutare Dio; rifiutare l’incarnazione è ancora rifiutare Dio e il suo amore. La scelta di fede verso Gesù scaturisce sempre e solo per la gratuita iniziativa del Padre che attira a sè l’uomo e lo ammaestra. Mi attira un Dio buono che mi dona suo Figlio fatto uomo, ma anche che mi dice di riconoscerlo in tutta quella umanità che ne diventa il segno e il sacramento (eucaristia e poveri).
3+ E, infine, la prospettiva di questa accoglienza di Gesù: è il pane della vita… chi ne mangia non muore. Gesù ci dice che il pane della vita non è la manna elargita nel deserto da Dio agli Ebrei. Tutte queste persone, nonostante questo dono, sono morte. Il pane che dona Gesù è il pane che fa vivere in eterno perché l’incontro con lui è un incontro definitivo e mai provvisorio, incontro che apre a sempre nuove prospettive, anche al di là degli orizzonti limitati che l’uomo necessariamente sperimenta. Colpisce il verbo: chi crede ha la vita eterna. Non è una promessa per il futuro, ma per l’oggi, per il presente! É la fede che fa diventare eterna la vita già ora, adesso, perché la riempie dell’eternità stessa di Dio, del suo amore che è l’unica forza immortale.

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2 agosto

Le letture che la liturgia di oggi ci propone ci aiutano a comprendere meglio il tema della fede. Questo tema, legato alla riflessione sul “Pane della Vita”, prende consistenza in quella realtà della vita descritta dalla 1ª lettura e dal Vangelo: c’è un popolo in cammino nel deserto e un a folla sulle tracce di Gesù.
Il cammino del popolo ebreo verso la terra promessa è un itinerario non facile, in mezzo a tante difficoltà… però un cammino nel quale Dio non cessa mai di elargire i suoi doni e di manifestare la sua potenza. Nonostante questa premura di Dio, il popolo è spesso tentato di guardare indietro, di lamentarsi e di mormorare. Vi cogliamo con facilità i nessi con la nostra vita: anche noi sperimentiamo questo cammino con tutte le sue difficoltà, con i problemi di ogni giorno, la monotonia del fare sempre le stesse cose, la fatica del lavoro, le preoccupazioni economiche, le situazioni di sofferenza che prima o poi ci toccano da vicino o negli affetti più cari. E la tentazione si insinua nel nostro cuore e così ci adagiamo nelle nostre piccole sicurezze, ci costruiamo i nostri piccoli idoli, facciamo di tutto per evitare di porci domande significative così che la nostra vita sia più tranquilla, abbiamo paura della novità e dell’imprevisto, abbiamo paura di rischiare… Capita anche a noi, come al popolo ebreo, la tentazione di arrenderci, di fermarci, rinunciando a trovare un senso per cui andare avanti e scoprire la novità della nostra vita che ogni giorno ci è data.
Dentro questa faticosa realtà di ricerca di senso per la nostra vita, entra in modo decisivo il discorso della fede che Gesù fa nel Vangelo.
Gesù ci invita prima di tutto a porre domande giuste quando non riusciamo a capire quello che sta succedendo davanti a noi e quando la fede vacilla o rischia di essere una scelta di abitudine o interessata. Ci invita, poi, a riconoscere nei segni che capitano attorno a noi gli appelli che lui pone per la nostra conversione. Ci invita infine a non guardare indietro, tentati dalla stanchezza o dalla fatica del camminare, ma guardare sempre in avanti perché lui ci accompagna e ci nutre con un pane sempre nuovo capace di dare speranza e futuro alla nostra vita.

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16 luglio

"Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro" (Mt 11,28).
Chiamati a guardare al Signore dentro le fatiche della vita quotidiana. Alla scuola di Gesù ogni peso pò diventare leggero. C'è un salmo che dice: "getta nel Signore il tuo affanno ed egli ti guarirà".

8 luglio

il grande incensiere

8 luglio

Urna con le ossa di Santiago.

8 luglio

Siamo arrivati a Santiago poco dopo mezzogiorno dopo 40 chilometri abbastanza faticosi.
Siamo arrivati in silenzio, a piedi, come gli altri pellegrini dentro la città vecchia. Davanti alla basilica non abbiamo detto nessuna parola: ciascuno nel suo cuore era molto emozionato e non c'erano parole che potevano essere significative in quel momento. Per questo ciascuno ha tenuto per sé le sue emozioni.
Poi ci siamo stretti le mani, ancora in silenzio.
Abbiamo partecipato a ciò che restava della messa di mezzogiorno e al rito dell'incenso. Al grande incensiere che portare in alto il profumo dell'incenso abbiamo affidato le nostre preghiere.
Nel pomeriggio sono stato alla tomba di Santiago e ho pregato per tutta la parrocchia.
Ora parteciperemo alla messa vespertina. Pregheremo certamente ancora per la nostra parrocchia.

7 luglio

Cammino nei boschi di querce secolari della Galizia.

7 luglio

Ci mancano 50 km. Domani per la messa di mezzogiorno speriamo di arrivare a Santiago.
Oggi tappa di 65 km nei bellissimi boschi e valli della Galizia. Paesaggio incantevole, all'ombra dei castagni e delle querce secolari. Chissà quanti pellegrini hanno visto passare!
Oggi ci sono ancora tanti pellegrini. Al di là dei giudizi affrettati ho, però, l'impressione che per molti sia la passeggiata "fuori porta" o come ci diceva un albergatore, una vacanza a basso costo. Gente che cammina senza zaino o con micro zainetti dove ci sta solo la bottiglia della bevanda e l'impermeabile... oppure gente che si fa trasportare i bagagli... e poi mai visto un via vai di taxi così frequente! Certamente ciascuno può fare il cammino come vuole, ma non può diventare la passeggiata, per chi conosce le Dolomiti, dal rifugio Auronzo alla forcella Lavaredo.
Con queste persone c'è anche il pudore di salutare e augurare buon cammino.
Ma il Signore che vede i cuori e non giudica dalle apparenze certamente saprà donare anche a questi quello che cercano.

6 luglio

La Madonna del Cebreiro, Madonna del cammino. Statua del XII sec.

6 luglio.

Siamo arrivati a Sarria dopo più di 80 km. Siamo entrati in Galizia, finalmente, dopo aver valicato l'impegnativo Cebreiro, tappa temuta per il dislivello, ma che abbiamo affrontato con calma e pazienza.
A dir la verità ci è sembrata più impegnativa la seconda parte della giornata, tutto un su e giù spaccagambe anche se ripagati dalla visita all'antico monastero benedettino di Samos. Il simpatico monaco che ci ha fatto da guida ci ha raccontato la storia del cristianesimo in Spagna.
La presenza capillare della Chiesa è stata l'effetto della "reconquista" dei territori agli arabi. Le comunità ecclesiali e monastiche erano le uniche garanzie di una presenza che manteneva i territori e permetteva alla gente di vivere dignitosamente.
Gli effetti si vedono ancora adesso nelle tante chiese romaniche diffuse capillarmente in tutto il territorio.
La Chiesa, meditavo, è un dono che ci aiuta a preservare la nostra cultura e la nostra spiritualità dalle varie invasioni che oggi ancora cercano di entrare nella nostra società.
Ormai ci mancano solo 109 km a Santiago... nel cuore tanta gioia.
Ora andiamo a messa a ringraziare il Signore.

5 luglio

Ospitalità a Villafranca del Bierzo. Convento gesuita del XVII secolo.

Domenica 5 luglio.

Oggi, giorno del Signore, siamo partiti da Astorga e siamo arrivati a Vilafranca del Bierzo. 85 Km. Abbiamo fatto il famoso passo della Croce di Ferro (oltre 1500 metri il punto più alto del Cammino) e siamo passati per Ponferrada la città dei Templari spagnoli con bellissimo castello e chiesa gotica. Siamo entrati in clima medioevale perché oggi c'era la professione dei nuovi fratelli nell'ordine cavalleresco templare e alla messa in cattedrale erano tutti vestiti con l'abito monastico dei Templari.
Non so che servizio fanno: parlando con loro non l'abbiamo capito. Certamente un servizio di volontariato. Ho pensato, pedalando nel pomeriggio, a tutti i volontari della nostra parrocchia: anche senza riconoscimenti esteriori si impegnano a dare tempo, energie e competenze per il bene di tutti. Questi sono i veri cavalieri...
Ora siamo ospito in un antico convento gesuita. Ottima ospitalità. celebreremo la Messa ringraziando il Signore per quello che ci sta donando.

4 luglio

Oggi abbiamo visitato la bellissima cattedrale e la città di Leon.
Dopo la celebrazione delle lodi e della Messa con le benedettine del monastero accanto all'albergo ci siamo presi mezza giornata di riposo per recuperare il camper a Burgos e portarlo a Leon; da Santiago sarà più facile raggiungerlo.
Siamo partiti nel pomeriggio alle 16 e siamo arrivati ad Astorga, quasi 50 km. Domani ci attendono le montagne. Mancano meno di 300 km a Santiago.
A domani se sarà possibile.

3 luglio

Distese di grano e girasole in Castiglia.

3 luglio

Alle 16.00 siamo arrivati a Leon in una tappa di 96 Km.
Tempo bello, sole ma anche aria fresca e così abbiamo pedalato volentieri tra campi di grano e girasoli.
Ora siamo dalle suore benedettine dove celebreremo la messa e ceneremo.

2 luglio

Chiesa di Cartoon e adorazione prima della Messa

2 luglio

Ieri a Burgos non c'era HiFi pur essendo il miglior albergo trovato finora. Questa sera dopo 86 Km siamo a Carrion les Condes in un albergo parrocchiale. ci sembra di essere a un caposcuola... canti, presentazioni ecc.
Il cammino va bene. Meditavo ieri su l'andare avanti. La lettura di martedì parlava della moglie di Lot che si volta indietro e diventa una statua di sale. Anche la dinamica ecclesiale può avere questo problema. C'è qualcuno che guarda sempre indietro, non è mai contento, era meglio una volta... e si blocca scontento. Ma c'è anche chi vuole andare troppo in fretta e non riesce ad aspettare gli altri, propone iniziative sempre nuove e non ha la pazienza dell'attesa e del guardare indietro gli altri.
Preferisco una Chiesa che va lenta ma che si porta tutti appresso piuttosto che una Chiesa troppo avanti che perde tanti per strada.
Ho chiesto anch'io al Signore che mi dia la pazienza di saper aspettare e non andare troppo veloce.
Adesso andremo all'adorazione e poi alla Messa.
Pregheremo per tutta la parrocchia.
A domani se troveremo HiFi.

30 giugno

siamo arrivati anche stasera a S. Domingo della Calza da, dopo 80 km di impegnativi su e giù. campi di grano e viti il magnifico paesaggio. Pane e vino i segni dell'Eucaristia.
Le bellissime chiese romaniche e gotiche ci accoglievano con il loro fresco e diventavano rifugi dalla calura dei 35 gradi esterni. È vero che l' eucaristia può essere veramente il sollievo della nostra vita.
Alle 10, questa mattina , ci siamo fermati a pregare per Luisa e per la nostra comunità: era forte l'emozione.
Stasera abbiamo concelebrato nella cappella della cattedrale e abbiamo ricevuto la benedizione dei pellegrini come ieri sera: è proprio vero che il Signore ci assiste con la sua protezione.
Ora siamo a letto; sono le 10.15 ed è ancora chiaro..
A domani, se Dio vuole...

29 giugno.

Oggi abbiamo fatto una tappa impegnativa di oltre 70 Km. Dopo Pamplona abbiamo cominciato a salire l'Alto del Perdon cima difficile per noi in bici. Abbiamo dovuta farla a piedi spingendo la bici e con grande fatica. Ho fatto una riflessione. La strada del perdono è difficile, è un passo impegnativo da fare ("alto" in spagnolo significa anche passo...passo di montagna) e chiede sacrificio, rinuncia... chiede un cammino faticoso che non tutti sono disponibili a fare. Se si arriva al perdono, però, è una grande conquista e una grazia di Dio. Ci porta proprio in alto ...come l'Alto del Perdon. Da lì un magnifico panorama ma anche tanta gioia come quando riesci a porre gesti di perdono.
Il nostro cammino è continuato sotto un sole cocente ma con l'impegno di chi sa che c'è una meta che noi oggi abbiamo fissato nel paese di Los Arcos. Ora parteciperemo alla messa vespertina nella solennità dei Santi Pietro e Paolo. Auguri a tutti coloro che portano il loro nome.
A domani...forse.