10 luglio 2016. XV Domenica Tempo Ordinario
“Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” Questa domanda, all’apparenza ingenua e inutile, nasconde, in realtà, una grossa problematica: i dieci comandamenti di Mosè, al tempo di Gesù erano diventanti oltre seicento, costringendo ogni devoto israelita ad un grande sforzo di memoria. Tra tutte queste leggi e prescrizioni… che cosa vale di più, cosa è più importante, cosa vale la pena di seguire per salvarsi? … e questa è una domanda che anche noi oggi ci poniamo… anzi è Gesù stesso che ci ributta la domanda: che cosa sta scritto nella Parola di Dio?
La risposta del Dottore della Legge (e forse anche la nostra) si allinea sulle posizioni classiche dei maestri del tempo o del catechismo che abbiamo imparato: la fede deve essere vissuta come gesto d’amore, come passione verso Dio e il prossimo, con il pieno ossequio dell’intelligenza e della ragione, anche con l’impegno della volontà… E Gesù oggi, come al Dottore della Legge, ci dice: “Bravo, hai risposto bene, si vede che hai studiato, complimenti…” Gesù rispetta la nostra fede, non la disturba, non inquieta le nostre quattro convinzioni o nozioni catechistiche. Il problema sembra risolto, ma ci lascia un po’ spiazzati e anche con una grande inquietudine interiore: “ma chi è il prossimo da amare?”. Non si tratta solo di conoscere i comandamenti, ma di coniugarli dentro la vita reale che ha sempre a che fare con volti e situazioni. E la parabola del “Buon Samaritano” ci aiuta non solo a dare un volto al “prossimo”, ma a farci noi stessi “prossimo” degli altri.