Il Vangelo di oggi: 4 gennaio

Lc 3, 23-38.

Luca descrive l’inizio dell’attività pubblica di Gesù, nell’età identificata con il passaggio alla maturità: trent’anni. La sua natura umana ci ricorda che, quando diventiamo umanamente maturi, abbiamo tutte le condizioni sufficienti per seguirlo e sceglierlo come Maestro nel nostro cammino nel mondo.

Il Signore Gesù, quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent’anni ed era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli, figlio di Mattat, figlio di Levi, figlio di Melchi, figlio di Innai, figlio di Giuseppe, figlio di Mattatia, figlio di Amos, figlio di Naum, figlio di Esli, figlio di Naggai, figlio di Maat, figlio di Mattatia, figlio di Semein, figlio di Iosec, figlio di Ioda, figlio di Ioanàn, figlio di Resa, figlio di Zorobabele, figlio di Salatièl, figlio di Neri, figlio di Melchi, figlio di Addi, figlio di Cosam, figlio di Elmadàm, figlio di Er, figlio di Gesù, figlio di Elièzer, figlio di Iorim, figlio di Mattat, figlio di Levi, figlio di Simeone, figlio di Giuda, figlio di Giuseppe, figlio di Ionam, figlio di Eliachìm, figlio di Melea, figlio di Menna, figlio di Mattatà, figlio di Natam, figlio di Davide, figlio di Iesse, figlio di Obed, figlio Booz, figlio di Sala, figlio di Naasòn, figlio di Aminadàb, figlio di Admin, figlio di Arni, figlio di Esrom, figlio di Fares, figlio di Giuda, figlio di Giacobbe, figlio di Isacco, figlio di Abramo, figlio di Tare, figlio di Nacor, figlio di Seruc, figlio di Ragàu, figlio di Falek, figlio di Eber, figlio di Sala, figlio di Cainam, figlio di Arfacsàd, figlio di Sem, figlio di Noè, figlio di Lamec, figlio di Matusalemme, figlio di Enoc, figlio di Iaret, figlio di Maleleèl, figlio di Cainam, figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio.

Il Vangelo di oggi: 3 gennaio

Lc 2, 36-38.

Nell’incontro con Gesù, Anna rilegge la sua storia fatta di sacrifici e di sofferenze e ringrazia Dio per essersi rivelato in quel bambino, che da tempo aspettava. Chi, mentre si soffre, accoglie la vita e sa che è custodita da Dio, impara a ringraziare, perché Dio è con noi, nonostante tutto.

In quel tempo. C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Il Vangelo di oggi: 2 gennaio

Lc 2, 28-32.

Al Tempio Gesù è riconosciuto da Simeone come il compimento delle sue attese. Nel momento dell’assoluta novità, che apre alla salvezza futura in Gesù, Simeone vede compiersi la sua fede e la sua attesa. Quando vecchio e nuovo si compiono e si integrano in Comunione, lì Dio dona pienamente la sua salvezza.

In quel tempo. Simeone accolse il bambino Gesù tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

Il Vangelo per l'inizio dell'anno

Lc 2, 18-21

Nel Vangelo di oggi viene ricordato che Gesù è ebreo e indirettamente che ha passato la parte più grande della sua vita facendo nel silenzio e nel nascondimento quello che i ragazzi e le famiglie ebree di Nazareth del suo tempo facevano. Ha vissuto il suo essere Messia non in modo straordinario e appariscente, ma ordinario e regolare, con il profilo basso della fedeltà, del lavoro, della ricerca semplice del bene, custodito dalla sapienza semplice e profonda di Giuseppe e di Maria. Dio si è incarnato a fari spenti, perché la vita di ogni uomo, per la maggior parte del suo tempo a fari spenti, potesse essere vissuta in modo straordinario, con un amore straordinario in ogni momento ordinario, soprattutto in quelli più oscuri. Che il nome e la vita di Gesù custodiscano ogni nostra scelta ordinaria di quest’anno, perché, nei momenti importanti sia lo stile della sua umanità semplice, concreta ed efficace ad ispirare le nostre scelte di vita.

In quel tempo. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

BUON ANNO 2018

Dopo una vita semplice e serena, una donna morì e si trovò subito a far parte di una lunga e ordinatissima processione di persone che avanzavano lentamente verso il Giudice Supremo. Man mano che si avvicinava alla meta, udiva sempre più distintamente le parole del Signore. Udì così che il Signore diceva ad uno: “Tu mi hai soccorso quando ero ferito sull’autostrada e mi hai portato all’ospedale, entra nel mio Paradiso”. Poi ad un altro: “Tu hai fatto un prestito senza interessi ad una vedova, vieni a ricevere il premio eterno”. E ancora: “Tu hai fatto gratuitamente operazioni chirurgiche molto difficili, aiutandomi a ridare la speranza a molti, entra nel mio Regno”. E così via. La povera donna venne presa dallo sgomento perché, per quanto si sforzasse, non ricordava di aver fatto in vita sua niente di eccezionale. Cerco di lasciare la fila per avere il tempo di pensare, ma non le fu assolutamente possibile: un angelo sorridente ma deciso non le permise di abbandonare la lunga coda. Col cuore che batteva forte, e tanto timore, arrivo davanti al Signore. Subito si sentì avvolta dal suo sorriso. “Tu hai stirato tutte le mie camicie… Entra nella mia felicità”.

Auguri per un anno 2018. in cui ogni azione ordinaria è fatta con amore straordinario.

don Fabio

Il Vangelo della Domenica Natalizia

Gv 1, 1-17.

L’autore del quarto Vangelo, nel prologo come in altri testi in cui ripete e approfondisce il messaggio, racconta la sua fede e il suo amore per il Dio di Gesù, che lo ha chiamato alla vita e alla sequela. Egli ci annuncia che Dio è Parola che si comunica, vita che genera e rigenera l’uomo che crede, luce che rischiara e illumina il cammino. Dio ha parlato a Giovanni, l’ha generato ad una vita felice, gli ha chiarito la strada da intraprendere. L’ha fatto attraverso l’austerità di Giovanni il Battista, che l’ha condotto a conoscere Gesù e lo ha indirizzato ad essere suo discepolo. La testimonianza del Battista l’hanno condotto alla luce di Gesù e attraverso di Lui ha scoperto che Dio lo ama come un Figlio, come ama Gesù, il suo Figlio, senza condizioni. Nel volto di Gesù il Figlio ha scoperto la libertà dell’amore, quella che viene da Dio è dona luce, pace e gioia alla vita, capacità di comprendere e di perdonare e di amare senza condizioni. Ciò che la fede dell’evangelista ci racconta oggi è il dono più bello da chiedere per capire il mistero del Natale. Sì, perché “Dio nessuno l’ha mai visto. Il Figlio Unigenito, che è nel suo cuore, Lui ce lo ha spiegato nei dettagli e rivelato”. Chi ci crede, crede nell’Incarnazione, nel Natale e soprattutto riconosce in ogni momento la vita come un dono e in questa fede trova la forza di amare sempre senza condizioni.

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.

Comunità parrocchiale fino al 14 gennaio

In allegato il nuovo numero di Comunità: avvisi, programmi, riflessioni, iniziative, Vangelo del giorno.

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Il Vangelo di oggi

Lc 11, 27-28.

È bello conoscere Gesù e sperimentare da vicino la ricchezza della sua umanità. Dimorare in questa bellezza ci aiuta a compiere in Lui la volontà del Padre su di noi.

In quel tempo. Una donna dalla folla alzò la voce e disse al Signore Gesù: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

Il Vangelo di oggi

Mt 2, 19-23.

I progetti degli uomini, potenti e non, anche se sono studiati nei minimi dettagli, non sono mai capaci di imbrigliare il progetto di Dio. Dio trova sempre la strada buona e nuova per salvare l’uomo e per volergli bene.

In quel tempo. Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzareth, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Foglio comunitario

Il numero di Natale

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Il Vangelo di oggi

Mt 2, 13-18.

Fin dalla chiamata di Abramo, Dio si rivolge all’uomo dicendogli “Alzati e va’”. Ad ogni chiamata l’uomo ha in dono qualcosa di nuovo e di impegnativo e, come per Giuseppe, il suo sì protegge la vita di chi ha bisogno d’amore e di protezione, perché è innocente.

In quel tempo. Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più.

Il discepolo dell'amore

Dal monastero di Bose: riflessione sul discepolo amato.

Oggi la Chiesa festeggia san Giovanni evangelista, sulla scia del mistero del Natale. Chi più di lui ha contemplato e cantato l’incarnazione del Signore! Gesù è la Parola fatta carne che, se accolta, dà il potere di diventare figli di Dio a chiunque crede in lui. Giovanni è il discepolo più giovane, quello che Gesù amava in modo particolare, un testimone privilegiato: sul Tabor assiste alla trasfigurazione del Signore; nell’ultima cena, in un clima di paura e diffidenza, china la sua testa sul petto di Gesù con amorevole confidenza. Sotto la croce, contempla, nel silenzio del cuore, il mistero dell’amore più forte di ogni violenza e perfino della morte. Capirà poi che, essere il “discepolo amato” dal Signore, non suppone quel tipo di preferenza esclusiva, capace di minacciare la comunione, bensì implica il difficile mandato di richiamare tutta la comunità cristiana a centrarsi sull’amore. Dio, che è amore e ci ha amati per primo, ha bisogno di noi, della nostra risposta, nella preghiera e nella concreta vita quotidiana, intessuta di relazioni. “Camminate nell’amore!”: è il messaggio insistente dell’apostolo Giovanni nella sua Prima lettera. Esiste un servizio che solo la comunità, se vuole, può compiere: essere presenti gli uni agli altri, camminare insieme, incoraggiare chi è più timido, aspettare chi è più lento, soffrire, consolare, gioire, sapendo che insieme la nostra vita acquista senso e risplende della luce di Cristo risorto, già su questa terra. Il passo del vangelo odierno si apre con l’immagine di Gesù risorto che cammina accanto a Pietro, seguito da Giovanni. Gesù riconferma Pietro con la triplice domanda: “Mi ami tu…?”, e gli prospetta il martirio con cui renderà gloria a Dio. Sembra voler dire anche a noi di non preoccuparci di come finirà la nostra vita ma di come la stiamo vivendo ora; chiediamoci ogni giorno se amiamo il Signore e non perdiamoci nel confronto con gli altri (Pietro vedendo Giovanni chiede che ne sarà di lui). Prendendoci cura di noi stessi potremo non temere quelli che uccidono il corpo perché non possono uccidere l’anima. Giovanni è il discepolo che ha saputo presto riconoscersi destinatario dell’amore di Dio: sa di essere un dono per sé e per i fratelli e in tutto ciò che capita, sente la presenza di Dio. Questo emerge tanto più nella chiusura del vangelo che ha scritto, rilevando che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si potrebbero scrivere su Gesù. L’amore di Dio, infatti, non può essere contenuto o limitato, può solo diffondersi. Giovanni vivrà più di Pietro? Sì, ma il problema è vivere più a lungo possibile o elevare l’esistenza? “Tu seguimi!” è rivolto a ciascuno di noi. La strada è più importante del traguardo e la partecipazione piena alla vita è più importante del portare a termine le cose. Giovanni ci insegna che riconoscere le tracce di Dio nel quotidiano è possibile a chi trova la sua forza nella purezza di cuore e non tanto in un’intelligenza speciale. Se a Natale abbiamo celebrato la venuta nel mondo di Gesù, in Giovanni la chiesa attende con insistenza il suo ritorno: “Voglio che rimanga finché io ritorni”, dice Gesù di Giovanni. Restiamo con lui in uno stato di attenzione e di attesa capace di riconciliare i nostri giorni con l’eternità.

sorella Lara, monaca di Bose

Il Vangelo di oggi

Gv 21, 19-24.

Chi segue il Signore con sincerità lascia sempre un buon ricordo di sé. Chi ha la grazia di avere come amico un discepolo fedele di Gesù, ha in dono la possibilità di poter seguire Gesù con la stessa fedeltà.

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a Pietro: «Seguimi». Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.

La Parola di ieri

2 Tm 3, 16 – 4, 8

S. Paolo scrive al discepolo Timoteo, per indicargli in modo concreto la strada per rimanere fedele alla vocazione ricevuta: quella di essere portatore e testimone della buona notizia del Vangelo nella sua esistenza.
Gli atteggiamenti che gli indica e propone sono i seguenti:
- lasciarsi ispirare dalla Scrittura, perché la preghiera ad essa ispirata aiuta a vivere al meglio, a fare tutto ciò che serve per questo: insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia.
- essere costanti nell'esortazione, nell'incoraggiamento con magnanimità e dottrina, cioè con il cuore colmo di misericordia per accompagnare con delicatezza ogni passo e la mente attenta a spendere con attenzione le parole sui contenuti essenziali che chi ci ascolta sia in grado di intuire ed accogliere.
- aiutare con pazienza a riflettere l'uomo di ogni tempo, per dargli gli strumenti per distinguere le favole che accarezzano la mente e nutrono solo lo stomaco e la verità, che dà fastidio perché chiede di cambiare e apre il cuore alla volontà buona di Dio su di noi.
Queste attenzioni aiutano a vivere da testimoni del Vangelo, come Stefano, del quale si dice prima della sua morte avesse il volto come quello di un angelo, come quello di Gesù Bambino. Chi ama e si impegna a testimoniare nella vita il Vangelo, agli altri comunica con un volto così: un volto natalizio.

Lettera di S. Paolo Apostolo a Timoteo

Carissimo, tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero.
Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.

Sito parrocchiale

Su www.sanpaololegnano.it

le
notizie complete delle attività pastorali della parrocchia S. Paolo Apostolo di Legnano.

Sito parrocchiale in linea

Per notizie più dettagliate sulla vita della parrocchia è in linea

il sito della Parrocchia S. Paolo

www.sanpaololegnano.it

Buon Natale

La solitudine del Messia ci annuncia che l’Amore di Dio è più grande del nostro peccato e che con Lui ed il suo Amore nulla è impossibile. È questa la speranza che ci accompagna: farsi prossimo come Dio ha fatto con noi sana ogni dolore e cancella ogni tristezza.

Buon Natale.

don Fabio

Il Vangelo della domenica di vigilia

Mt 1, 1-16.

La nostra origine umana, ambigua e contraddittoria, come quella degli antenati di Gesù, santi e peccatori, giusti e ingiusti, è stata visitata da Dio che in Gesù è divenuto uomo. La nostra umanità, fragile e debole, Dio l’ha orientata a compiersi nell’umanità di Gesù, totalmente in Comunione con Il Padre. Chiunque siamo e chiunque siano i nostri antenati, qualunque sia il nostro passato, Dio lo ama come ha amato Gesù e ci dà in Lui la possibilità di essere specchio del suo amore con la nostra vita. È già tempo di contemplare e ringraziare.

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naasòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria. Salomone generò Roboano, Roboano generò Abia, Abia generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm. Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

Il Vangelo di giovedì

Lc 1, 57-66.

Quando i genitori scelgono il nome dei figli iniziano a sognare con loro e a desiderare di cullarli costruendo da subito la realizzazione dei loro futuri sogni. Zaccaria ritrova la fede nella promessa di Dio sognando per il Battista che si compia per lui la volontà dell’amore di Dio

In quel tempo. Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.

Il Vangelo di ieri

Lc 1, 67-80.

La Chiesa ogni mattina inizia la sua preghiera cantando la tenerezza e la misericordia del nostro Dio, che sa sempre come risvegliare la fede di chi fa fatica a credere quando la vita è dura e le promesse di Dio sembrano tardare ad avverarsi

In quel tempo. Zaccaria, suo padre, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo:
«Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparagli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace». Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

Il Vangelo di oggi

Lc 2, 1-5.

L’annuncio dell’arrivo del Messia è preceduto da uno squarcio di faticosa vita quotidiana. I potenti comandano, la gente obbedisce passivamente, i poveri soffrono. In questa storia Dio irrompe e si mette con gli ultimi, rovesciando i potenti con la loro superbia

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.

Il Vangelo di oggi

Lc 1, 39-46.

La fretta di Maria è senza affanno, decisa e premurosa, perché sua cugina non sia sola nel momento del bisogno. È fretta di amare, di soccorrere, di andare incontro ad una persona. È la fretta dell’amore, non delle scadenze che trasformano l’amore alle persone in affanno per le cose.

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore».

Il Vangelo di domenica

Lc 1, 26-38

La gioia raccontata nei primi capitoli del Vangelo di Luca è come l'aria che si respira tra i protagonisti che entrano nella scena. L'intervento di Dio, per Zaccaria, per Elisabetta, per Maria è come il culmine, il vertice della rivelazione del suo desiderio di gioia piena per ogni uomo: è la proposta alla libertà umana di scegliere come orizzonte di vita l'aria della gioia di Dio, che propone salti di qualità impegnativi, ma accompagna, sorregge, non abbandona e rialza, perché "Nulla è impossibile a Dio". Attendere il Natale è proprio questo: credere, come Maria, che nulla è impossibile a Dio, soprattutto quando qualcosa o qualcuno sembra irrimediabilmente perduto.

In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito santo scenderà su di te, e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

Il Vangelo di ieri

Lc 1, 1-17

Per redigere il suo Vangelo, Luca mette in ordine ciò che gli è stato consegnato dalla testimonianza di chi vive con Gesù e lo ama, per trovare in questa testimonianza la Buona Notizia da annunciare e da far risuonare continuamente nel suo racconto. La nostra vita diventa Vangelo quando non si spegne in noi ad ogni scelta il pensiero che Dio è con noi, uomo come noi, uomo con noi, per poter vivere in Comunione con Lui.

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».

Il Vangelo di oggi

Lc 1, 19-25

L'incredulità rende muti di fronte all'opera di Dio, incapaci di vederla, di capirla e di raccontarla. Il Dio che si fa uomo è la Parola per eccellenza, che rende le nostre povere parole, dono di Dio per chi incontriamo. Come Elisabetta, chiediamo la speranza, che Sto arrivando! attendere la visita di Dio che da sempre parla alla nostra vita.

In quel tempo. L’angelo disse a Zaccaria: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».