messaggio del Santo Padre
Proprio seminando per il bene altrui partecipiamo alla magnanimità di Dio: «È grande
nobiltà esser capaci di avviare processi i cui frutti saranno raccolti da altri, con la
speranza riposta nella forza segreta del bene che si semina» (Enc. Fratelli tutti , 196 ).
Seminare il bene per gli altri ci libera dalle anguste logiche del tornaconto personale e
conferisce al nostro agire il respiro ampio della gratuità, inserendoci nel meraviglioso
orizzonte dei benevoli disegni di Dio.
La Parola di Dio allarga ed eleva ancora di più il nostro sguardo: ci annuncia che la
mietitura più vera è quella escatologica, quella dell’ultimo giorno, del giorno senza
tramonto. Il frutto compiuto della nostra vita e delle nostre azioni è il «frutto per la vita
eterna» ( Gv 4,36), che sarà il nostro «tesoro nei cieli» ( Lc 12,33; 18,22). Gesù stesso
usa l’immagine del seme che muore nella terra e fruttifica per esprimere il mistero
della sua morte e risurrezione (cfr Gv 12,24); e San Paolo la riprende per parlare della
risurrezione del nostro corpo: «È seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità;
è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella
potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale» ( 1 Cor 15,42-44). Questa
speranza è la grande luce che Cristo risorto porta nel mondo: «Se noi abbiamo avuto
speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli
uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti» ( 1
Cor 15,19-20), affinché coloro che sono intimamente uniti a lui nell’amore, «a
somiglianza della sua morte» ( Rm 6,5), siano anche uniti alla sua risurrezione per la
vita eterna (cfr Gv 5,29): «Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre
loro» ( Mt 13,43).
2. «Non stanchiamoci di fare il bene»
La risurrezione di Cristo anima le speranze terrene con la «grande speranza» della vita
eterna e immette già nel tempo presente il germe della salvezza (cfr Benedetto XVI,
Enc. Spe salvi , 3 ; 7 ). Di fronte all’amara delusione per tanti sogni infranti, di fronte alla
preoccupazione per le sfide che incombono, di fronte allo scoraggiamento per la
povertà dei nostri mezzi, la tentazione è quella di chiudersi nel proprio egoismo
individualistico e rifugiarsi nell’indifferenza alle sofferenze altrui. Effettivamente,
anche le migliori risorse sono limitate: «Anche i giovani faticano e si stancano, gli
adulti inciampano e cadono» ( Is 40,30). Ma Dio «dà forza allo stanco e moltiplica il
vigore allo spossato. [...] Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali
come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» ( Is 40,29.31). La
Quaresima ci chiama a riporre la nostra fede e la nostra speranza nel Signore (cfr 1
Pt 1,21), perché solo con lo sguardo fisso su Gesù Cristo risorto (cfr Eb 12,2) possiamo
accogliere l’esortazione dell’Apostolo: «Non stanchiamoci di fare il bene» ( Gal 6,9).
Non stanchiamoci di pregare . Gesù ha insegnato che è necessario «pregare sempre,
senza stancarsi mai» ( Lc 18,1). Abbiamo bisogno di pregare perché abbiamo bisogno
di Dio. Quella di bastare a noi stessi è una pericolosa illusione. Se la pandemia ci ha
fatto toccare con mano la nostra fragilità personale e sociale, questa Quaresima ci
permetta di sperimentare il conforto della fede in Dio, senza la quale non possiamo
avere stabilità (cfr Is 7,9). Nessuno si salva da solo, perché siamo tutti nella stessa
barca tra le tempeste della storia; [2] ma soprattutto nessuno si salva senza Dio,
perché solo il mistero pasquale di Gesù Cristo dà la vittoria sulle oscure acque della
morte. La fede non ci esime dalle tribolazioni della vita, ma permette di attraversarle
uniti a Dio in Cristo, con la grande speranza che non delude e il cui pegno è l’amore
che Dio ha riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,1-5).
Non stanchiamoci di estirpare il male dalla nostra vita . Il digiuno corporale a cui ci
chiama la Quaresima fortifichi il nostro spirito per il combattimento contro il
peccato. Non stanchiamoci di chiedere perdono nel sacramento della Penitenza e della
Riconciliazione , sapendo che Dio mai si stanca di perdonare. [3] Non stanchiamoci di
combattere contro la concupiscenza , quella fragilità che spinge all’egoismo e ad ogni
male, trovando nel corso dei secoli diverse vie attraverso le quali far precipitare
l’uomo nel peccato (cfr Enc. Fratelli tutti , 166 ). Una di queste vie è il rischio di
dipendenza dai media digitali, che impoverisce i rapporti umani. La Quaresima è
tempo propizio per contrastare queste insidie e per coltivare invece una più integrale
comunicazione umana (cfr ibid ., 43 ) fatta di «incontri reali» ( ibid ., 50 ), a tu per tu.
Non stanchiamoci di fare il bene nella carità operosa verso il prossimo . Durante questa
Quaresima, pratichiamo l’elemosina donando con gioia (cfr 2 Cor 9,7). Dio «che dà il
seme al seminatore e il pane per il nutrimento» ( 2 Cor 9,10) provvede per ciascuno di
noi non solo affinché possiamo avere di che nutrirci, bensì affinché possiamo essere
generosi nell’operare il bene verso gli altri. Se è vero che tutta la nostra vita è tempo
per seminare il bene, approfittiamo in modo particolare di questa Quaresima per
prenderci cura di chi ci è vicino, per farci prossimi a quei fratelli e sorelle che sono
feriti sulla strada della vita (cfr Lc 10,25-37). La Quaresima è tempo propizio per
cercare, e non evitare, chi è nel bisogno; per chiamare, e non ignorare, chi desidera
ascolto e una buona parola; per visitare, e non abbandonare, chi soffre la solitudine.
Mettiamo in pratica l’appello a operare il bene verso tutti , prendendoci il tempo per
amare i più piccoli e indifesi, gli abbandonati e disprezzati, chi è discriminato ed
emarginato (cfr Enc. Fratelli tutti , 193 ).
3. «Se non desistiamo, a suo tempo mieteremo»
La Quaresima ci ricorda ogni anno che «il bene, come anche l’amore, la giustizia e la
solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno»
( ibid ., 11). Chiediamo dunque a Dio la paziente costanza dell’agricoltore (cfr Gc 5,7)
per non desistere nel fare il bene, un passo alla volta. Chi cade, tenda la mano al
Padre che sempre ci rialza. Chi si è smarrito, ingannato dalle seduzioni del maligno,
non tardi a tornare a Lui che «largamente perdona» ( Is 55,7). In questo tempo di
conversione, trovando sostegno nella grazia di Dio e nella comunione della Chiesa,
non stanchiamoci di seminare il bene. Il digiuno prepara il terreno, la preghiera irriga,
la carità feconda. Abbiamo la certezza nella fede che «se non desistiamo, a suo tempo
mieteremo» e che, con il dono della perseveranza, otterremo i beni promessi
(cfr Eb 10,36) per la salvezza nostra e altrui (cfr 1 Tm 4,16). Praticando l’amore
fraterno verso tutti siamo uniti a Cristo, che ha dato la sua vita per noi (cfr 2 Cor 5,14-
15) e pregustiamo la gioia del Regno dei cieli, quando Dio sarà «tutto in tutti» ( 1
Cor 15,28).
La Vergine Maria, dal cui grembo è germogliato il Salvatore e che custodiva tutte le
cose «meditandole nel suo cuore» ( Lc 2,19) ci ottenga il dono della pazienza e ci sia
vicina con la sua materna presenza, affinché questo tempo di conversione porti frutti
di salvezza eterna.
Roma, San Giovanni in Laterano, 11 novembre 2021, Memoria di San Martino Vescovo.
FRANCESCO