messaggio
Messaggio della Presidenza della Conferenza Episcopale
Italiana per la Quaresima 2022
Quando venne la pienezza del tempo (Gal 4,4)
la Quaresima di quest’anno porta con sé tante speranze insieme con le sofferenze, legate ancora alla
pandemia che l’intera umanità sta sperimentando ormai da oltre due anni. Per noi cristiani questi
quaranta giorni, però, non sono tanto l’occasione per rilevare i problemi quanto piuttosto per
prepararci a vivere il mistero pasquale di Gesù, morto e risorto. Sono giorni in cui possiamo
convertirci ad un modo di stare nel mondo da persone già risorte con Cristo (cfr. Col 3,1). La
Chiesa come comunità e il singolo credente hanno la possibilità di rendere questo tempo un “tempo
pieno” (cfr. Gal 4,4), cioè pronto all’incontro personale con Gesù.
Questo messaggio, dunque, vi raggiunge come un invito a una triplice conversione, urgente e
importante ...
Conversione all’ascolto
La prima fase del Cammino sinodale ci consente di ascoltare ancora più da vicino le voci che
risuonano dentro di noi e nei nostri fratelli. Tra queste voci quelle dei bambini colpiscono con
la loro efficace spontaneità: «Non mi ricordo cosa c’era prima del Covid»; «Ho un solo desiderio:
riabbracciare i miei nonni». Arrivano al cuore anche le parole degli adolescenti : «Sto perdendo
gli anni più belli della mia vita»; «Avevo atteso tanto di poter andare all’università, ma adesso mi
ritrovo sempre davanti a un computer». Le voci degli esperti , poi, sollecitano alla fiducia nei
confronti della scienza, pur rilevando quanto sia fallibile e perfettibile. Siamo raggiunti ancora dal
grido dei sanitari, che chiedono di essere aiutati con comportamenti responsabili . E, infine,
risuonano le parole di alcuni parroci, insieme con i loro catechisti e collaboratori pastorali,
che vedono diminuite il numero delle attività e la partecipazione del popolo, preoccupati di non
riuscire a tornare ai livelli di prima, ma nello stesso tempo consapevoli che non si deve
semplicemente sognare un ritorno alla cosiddetta “normalità”.
Ascoltare in profondità tutte queste voci anzitutto fa bene alla Chiesa stessa . Sentiamo il
bisogno di imparare ad ascoltare in modo empatico , interpellati in prima persona ogni volta che un
fratello si apre con noi. Nella Bibbia è anzitutto Dio che ascolta il grido del suo popolo sofferente e
si muove con compassione per la sua salvezza (cfr. Es 3,7-9). Ma poi l’ascolto è l’imperativo
rivolto al credente, che risuona anche sulla bocca di Gesù come il primo e più grande dei
comandamenti: « Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore » (Mc 12,29; cfr. Dt 6,4).
L’ascolto trasforma dunque anzitutto chi ascolta , scongiurando il rischio della supponenza e
dell’autoreferenzialità. Una Chiesa che ascolta è una Chiesa sensibile anche al soffio dello
Spirito . In questo senso, può essere utile riprendere quanto il Consiglio Episcopale Permanente
scriveva nel messaggio agli operatori pastorali, lo scorso settembre : «L’ascolto non è una semplice
tecnica per rendere più efficace l’annuncio; l’ascolto è esso stesso annuncio, perché trasmette
all’altro un messaggio balsamico: “Tu per me sei importante, meriti il mio tempo e la mia
attenzione, sei portatore di esperienze e idee che mi provocano e mi aiutano a crescere”.
Ascolto della Parola di Dio e ascolto dei fratelli e delle sorelle vanno di pari passo . L’ascolto degli
ultimi, poi, è nella Chiesa particolarmente prezioso, poiché ripropone lo stile di Gesù, che
prestava ascolto ai piccoli, agli ammalati, alle donne, ai peccatori, ai poveri, agli esclusi».