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La salutetemo durante la Messa festiva delle 11.00 di domenica 19 febbraio

Una mamma, una bara e il complemento-di-modo

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Una mamma, una bara e il complemento-di-modo, don Marco Pozza

Una mamma, una bara e il complemento-di-modo, di don Marco Pozza
Giovedì, 16 Febbraio 2017

Le domande servono: «Perché è successo, perché a lui, perché adesso, perché in questo modo». Sono necessarie se non altro per sopravvivere. Ma se da loro germoglia il complemento-di-colpa, che vantaggio ne trarrà l'uomo ai fini della propria esistenza? Gli uomini, quando si mettono a fare le analisi, sembra preferiscano il “perché”; le donne – che, da madri, meglio incarnano l'avventura - sposano il “come” dentro la disgrazia: «Abbiamo capito che, forse, la domanda da porsi in questa situazione è piuttosto: come?» A parlare, durante il funerale, è la mamma del ragazzo di Lavagna suicidatosi per essere stato pizzicato dalla Finanza con un po' di droga. Più un complemento-di-modo che di colpa. Sono strane le donne, più ancora le madri. A chi, tra loro, capita di sopravvivere alla morte del figlio, il futuro sembra in perpetuo bilico tra il ricordo e l'oblio. Alcune, poi, ne escono agguerrite. Come se, nell'attimo in cui la morte le ha frastornate col suo urlo, la vita le abbia tenute in vita con il suo urto: quasi che la morte, strappata una vittoria fisica, nulla possa contro la memoria di quella mancanza.
Sono donne alle quali la morte non ha tolto la fascinazione del ricordo, l'intercessione della memoria: perché nessuna morte possa essere stata vana. Donne capaci di perdere, perdersi, pur di ritrovare chi si è perduto. Pare proprio che essere donna sia essere capaci di giocare-in-perdita: «Grazie per aver ascoltato l'urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di vedere il figlio perdersi». Non una guerra guardie-e-ladri, dunque: è stata la mamma ad allertare la Finanza. A cercare di tessere quella ragnatela di prossimità dentro una città che, altrove, ha salvato delle vite. Adesso sappiamo, dunque, che quella madre i suoi panni-sporchi, quando ha visto che da sola non ce la faceva più, ha accettato di lavarli fuori-casa. Conosco madri che mettono le valigie fuori casa ai propri figli, che bussano alla porta delle caserme, che all'onore dei padri rispondono col metterci-la-faccia delle madri: temo occorra essere madre per afferrare certe scelte. Per organizzare manovre che, al solo pensarle, arrecano fulmini al pensiero. Eppure lo fanno. Dove tutti dicono “E' vietato sporgersi”, loro leggono “E' necessario sporgersi”, esattamente lì: metterci la faccia, abitare sul limite, fare-disordine intravedendo l'ordine che ne verrà. Forse, chissà.
Attorno ad una bara, una madre ha celebrato l'elogio-dello-straordinario: «Straordinario è mettere giù il cellulare. Avere il coraggio di dire ad una ragazza “Sei bella” senza nascondersi dietro frasi preconfezionate, chiedere aiuto, dire ciò che sapete» ha concluso la donna. Lei l'ha fatto: «Abbiamo organizzato un servizio e noi siamo andati lì», ha commentato la Guardia di Finanza. Gli occhi, attorno alla bara, sono lucidi: nemmeno la canzone di Guccini – quasi una sorta di gregoriano moderno che aiuti a rielaborare lo strazio – rasserena gli sguardi attoniti. Forse è tardi, forse si è puntuali, magari in anticipo: l'orologio della vita chiede d'esserci quando lei passa. Forse neanche le parole di un prete servono granché. In certi attimi è solo la vita a colpire, scolpire. Ascolto quella madre, tengo legate le parole al suono della voce, al balbettio dei tratti. Mi riappare Moshè lo Shammàsh (“l'inserviente”), il maestro di cui parla Elie Wiesel ne La notte: «Non mi parlava più di Dio o della Cabbalà, ma solamente di ciò che aveva visto». Vedere non è sentire. Una madre sa sentire anche solo vedendo.
La soluzione, a guardare la vita da seduti, pare semplice: liberalizzare le droghe, i desideri, l'adolescenza. Liberalizzare anche l'anima: chi se ne importa. Per chi, invece, guarda la sofferenza-da-dentro, la sfida addita altrove: al mistero di un incontro che sveli alla vita un senso, che alla vergogna risponda con l'offerta di una possibile risurrezione, che smascheri come l'abbassare l'asticella crei consenso ma rischi di togliere l'appetito. Salvarsi, certi giorni, è rischiare di perdere-tutto. Sporgersi perchè una morte non sia stata vana.

(da Il Sussidiario, 16 febbraio 2017)

San Valentino 2017

estratto dall'omelia del Vescovo Giuseppe:
[...] La mia vuole essere una riflessione condivisa in questa circostanza speciale tra fedeli laici, sacerdoti, diaconi, religiosi, cittadini, istituzioni, circa la natura, la qualità e la verità delle feste parrocchiali e patronali.
La festa patronale, è celebrazione di un intero popolo, convocato per adorare Dio, mirabile nei suoi santi, e occasione per arricchire la fede, alla scuola della testimonianza dei Santi Patroni, che hanno inciso profondamente nella fondazione delle singole città o nel configurare l’identità civile, religiosa e cristiana di un intero popolo.
Esse, nate in anni remoti, hanno subito nel tempo modifiche e variazioni non sempre coerenti.
Ancora oggi si ripetono, si rinnovano e si rivivono tradizioni, riti secolari, processioni, cortei, manifestazioni folkloristiche che pretendono conservare la memoria dei padri, rinverdirla e consegnarla alle giovani generazioni. Sono “liturgie” portatrici di valori umani, civili e religiosi, patrimonio della collettività o di una determinata comunità.
In queste rappresentazioni la dimensione religiosa è chiaramente tenuta in considerazione perché dà maggiore consistenza e verità a quanto si rappresenta, anche perché buona parte della gente non darebbe piena credibilità all’evento se non fosse “sponsorizzato” dalla Chiesa, tramite le sue celebrazioni e processioni.
Possiamo affermare dunque che la rappresentazione storico-folklorica e la celebrazione religiosa si sposano fino a darsi sostegno e valore reciproco: la Chiesa celebra e attualizza i santi misteri celebrati e ricordati; i figuranti con la loro presenza, impersonando la storia, rivivono insieme da protagonisti, la festa del Santo nelle manifestazioni civili e religiose.
Il tutto si incrementa in una competizione tra tradizioni e sagre messe in cantiere dalle comunità confinanti, anche per richiamare visitatori e turisti nel proprio territorio.
Nell’ambito della Diocesi sono numerosi i “Castelli”, che propongono saghe o sagre, rilevanti anche a livello nazionale: Narni, Amelia, Sangemini, Otricoli, Calvi. In tutti i borghi, dunque, ci si attiva per dare espressione gioiosa e popolare alla festa dei propri Santi. Anche in Terni ci si sta adoperando in tal senso.

Tutto bene? Non proprio o non del tutto.
Il processo di secolarizzazione e di scristianizzazione, che si è diffuso anche nelle nostre comunità, in molti luoghi, ha prodotto nelle celebrazioni delle feste dei Santi, una continuità di tradizioni folkloriche, smarrendo però l’humus, lo spirito e la sostanza della religione.
Da manifestazioni di fede cristiana e glorificazione e invocazione del patrocinio del Santo Patrono, spesso le feste, con tonalità diverse, assumono i connotati di involucri senza contenuto, divenendo a volte espressioni dal sapore paganeggiante.
Manifestazioni religiose, dunque, dalla fede debole. Celebrazione del Santo Patrono, che è confinato nello sfondo o ai margini di tutto ciò che viene “rappresentato” e festeggiato. Questo purtroppo, non è un fenomeno solo locale, in varie parti d’Italia infatti, si scade in questa deriva.
Se l’origine e la natura della festa è nel nome di un Santo, è contraddizione non organizzarla, celebrarla nello spirito del messaggio e dei valori vissuti e trasmessi dal Santo.
I valori evangelici, vissuti e incarnati dai Santi, vanno oggi conosciuti e interpretati secondo lo stile e la peculiarità dei nostri santi patroni.
Le novene o i tridui di preparazione servono a far sì che tutti, dai protagonisti alle comparse minori, dai ministri ai semplici fedeli, si interroghino sulla loro fede e vita cristiana ed ecclesiale. Prendano in mano la Parola di Dio, il Vangelo per crescere nella vita cristiana ed essere in grado di imitare la testimonianza evangelica dei nostri Santi: dalla Vergine Maria a Valentino, Giovenale, Firmina, Vittore, Corona, Nicola, Pancrazio, Gemine, Antonio, Francesco, e tutti gli altri, padri fondatori delle nostre città o paesi.
Osservando i programmi delle feste si nota che viene dato sempre maggiore spazio e tempo a iniziative profane: tornei, giochi, taverne, sfilate, maratone, lotterie. La dimensione cristiana, testimoniale, evangelica, caritativa, formativa, celebrativa e orante è marginale, quasi solo pretesto per tutto il resto. La proposta di un progetto più impegnativo dal punto di vista cristiano, trova l’intralcio dell’insofferenza, a volte del rifiuto o peggio del boicottaggio. E’ triste vedere per la riflessione e la preghiera del novenario di preparazione alla festa del santo, uno sparuto numero di cristiani presenti, a volte prevalentemente persone anziane, mentre nelle stesse sere, gente intenta a preparare cortei e tornei, o pronte per la serata danzante o per la taverna e altro.
Purtroppo si verifica anche il caso di comitati-feste, Proloco e anche singoli personaggi, che impongono le loro proposte e decidono su quando, come e dove benedire, celebrare e accompagnare la processione o il corteo di un evento, ormai dai pallidi ricordi cristiani.
Responsabili della vita cristiana, della comunità cristiana sono il vescovo e il parroco, che comunque insieme ai laici, devono trovare le modalità più adatte per rendere onore al Santo patrono e celebrarlo degnamente e cristianamente.
Come si può evincere da quanto detto, si impone una seria riflessione sul tema delle feste patronali o parrocchiali, sulla loro qualità di feste cristiane o folkloristiche o semplicemente laiche.
Parola di Dio, Vangelo, catechesi, carità e celebrazioni liturgiche sono gli aspetti primari di ogni festa che ha per protagonista un Santo e che vuole dirsi cristiana.
Le feste patronali non possono essere occasioni per manifestazioni di cattivo gusto o per ubriacarsi o peggio molestare o procurare danni.
Inoltre è anche da considerare la proporzione tra i denari che si spendono per festeggiare (luminarie, cortei, concertini di cantanti, ecc.) e quelli che si impiegano per la solidarietà e la carità, che è la prima testimonianza che i Santi Patroni hanno dato e promosso.

Maria...

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Candelora

Candelora

FORMAZIONE BIBLICA

MERCOLEDI' 25 FEBBRAIO 2017 ALLE 21.00 IN SALA PARROCCHIALE: INCONTRO DI FORMAZIONE BIBLICA A PARTIRE DAL BRANO DEL VANGELO DI LUCA CAPITOLO 19, 1-10 "ZACCHEO"