LA "PORTA STRETTA" DI UNA STORIA PARTICOLARE
Omelia nel 61° anniversario della nascita della Beata Sandra Sabattini, San Girolamo 20.08.2022
Dio irrompe nella vicenda umana sempre attraverso la «porta stretta» (Lc 13,24) di una storia particolare. Come dice il Concilio Vaticano II, la stessa Rivelazione è una economia che «comprende eventi e parole intimamente connessi tra loro» (Dei Verbum 2). Una storia particolare, formata da fatti e volti di persone, come quella attraverso la quale Sandra è stata afferrata da Cristo fino a farla tutta Sua, fin dal primo incontro accaduto proprio qui in parrocchia attraverso don Oreste, invitato dallo zio don Giuseppe, primo parroco di San Girolamo, a cui è seguita l’esperienza travolgente del primo campo in montagna con gli amici dell’Associazione Papa Giovanni XXIII.
Ringraziando Dio per il dono della nostra Beata nel 61° anniversario della sua nascita in terra, noi vogliamo innanzitutto vivere la memoria del primo incontro. Essa è decisiva affinché l’azione pastorale delle nostre Comunità sia fedele al metodo dell’incarnazione e, perciò, realmente centrata in Cristo: «fare memoria vuol dire fondarsi nuovamente in Gesù, nella sua vita» (Alla Comunità del Collegio Internazionale del Gesù di Roma, 3 dicembre 2018). Solo in questa fedeltà può esserci un’autentica fecondità, generata dal contagio dell’attrattiva testimoniata nella semplicità e nella concretezza evangelica, che Francesco invita costantemente a riscoprire, suggerendo, tra l’altro, di «prendere i Vangeli e rileggere le tante storie che ci sono per vedere come Gesù incontra la gente, come sceglie gli apostoli» (Omelia a Santa Marta, 24 aprile 2015).
Il metodo che riconosciamo nell’inizio è il medesimo in cui si rinnova l’incontro con Cristo in ogni luogo e in ogni tempo: esso implica sempre la testimonianza di una persona attraverso la quale siamo attratti da Gesù secondo una precisa modalità del Suo sguardo. In questa prospettiva si colloca il significato autentico dei carismi che sono all’origine delle diverse esperienze ecclesiali, personali e comunitarie, dagli ordini religiosi ai movimenti di ogni tempo, secondo la pluralità di forme suscitata dallo Spirito Santo in ogni epoca della Chiesa, fino alla storia particolare di ogni singola comunità e di ciascun fedele: «il nostro incontro con Cristo ha preso la sua forma nella Chiesa mediante il carisma di un suo testimone, di una sua testimone. Questo sempre ci stupisce e ci fa rendere grazie» (Omelia nella Festa della Presentazione di Gesù al tempio, 2 febbraio 2014).
Una storia particolare «è la chiave di volta della concezione cristiana dell’uomo, della sua moralità, nel suo rapporto con Dio, con la vita, con il mondo» (L. Giussani, Generare tracce nella storia del mondo, p. 82).
Nel corso di una cena presso una famiglia della nostra parrocchia, una signora anziana ha raccontato le modalità del primo incontro con suo marito, coi giovani nipoti colpiti dal fatto che è accaduto tutto fin dal primo istante, che, lei stessa sottolineava, era «un momento qualsiasi», in cui è successo qualcosa che ha segnato le loro vite per sempre.
Questa è la dinamica dell’esperienza cristiana, quella di un incontro imprevisto e imprevedibile che accade in “un momento qualsiasi” della nostra esistenza, il quale diventa il momento decisivo, che cambia tutto. Se perdiamo questo metodo, perdiamo tutto del cristianesimo, perché nell’evento dell’incarnazione «sta sia il contenuto che il metodo dell’annuncio cristiano» (Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Congregazione per il Clero, 16 marzo 2009). Nessuno di noi in apparenza nega Cristo, ma, non di rado, lo si nega come metodo non partendo più dalla storia particolare in cui Egli ci afferra ora, riducendo così il cristianesimo a una dottrina, a un’etica, a un pio intendimento devozionale o ad uno sforzo morale, al punto che dell’esperienza cristiana non rimane più nulla, pur dentro una sua affermazione teorica: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete”. […] Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi» (Lc 13,24-27a.29-30).
La “porta stretta” la riconosce chi, come Sandra, prende sul serio tutta l’esigenza della propria umanità, ovvero «il bisogno di infinito che è dentro di noi e che non possiamo far finta di ignorare», come scriveva pochi giorni prima di compiere vent’anni, sottolineando che «l’infinito è lì che ci aspetta ogni volta che cadono le “posticce” risposte che abbiamo dato al suo bisogno» (Diario, 07 agosto1981).
Il testo di una canzone contemporanea (Anyone di Demi Lovato) esprime tutto il grido dell’umanità di cui siamo costituiti: «Ho provato a parlare con il mio pianoforte / Ho provato a parlare con la mia chitarra / A parlare con la mia immaginazione / Mi sono confidata con l’alcool / […] Sono stanca di conversazioni vuote / Perché nessuno mi ascolta più […] Quindi, perché sto pregando comunque? /
Se nessuno sta ascoltando / Per favore, mandami qualcuno / Signore, c’è qualcuno? / Ho bisogno di qualcuno, oh / Per favore, mandami qualcuno / Signore, c’è qualcuno? / Ho bisogno di qualcuno».
La “porta stretta” è Qualcuno che risponde, in una storia particolare, accolta e accettata non da chi non sbaglia mai, ma da chi è leale fino in fondo con questo bisogno e per questo si commuove quando esso emerge nella propria carne e in quella dei nostri fratelli e sorelle, uomini e donne del nostro tempo, anche loro, come noi, stanchi di «conversazioni vuote».
Costoro sono «gli ultimi che diventano i primi» (cfr. Lc 13,30).
Domandiamo l’intercessione della nostra Beata Sandra Sabattini per essere, come lei, tra loro.
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