Qual è il significato delle fedi nuziali?
Ricevi questo anello segno del mio amore e della mia fedeltà
Qual è il significato delle fedi nuziali? Portate sull’anulare sinistro, dove si racconta, passa la vena amoris che arriva direttamente al cuore, le fedi nuziali sono un invito ogni giorno a rinnovare il patto di amore e fedeltà di cui sono segno.
di Giovanna Pauciulo
29 marzo 2016
Il perdono è l’espressione dell’amore, di quell’amore che non si chiude dinanzi alle difficoltà e che è sempre pronto a ricominciare. Certo è un “amore esigente”, come scrive Giovanni Paolo II, ma senza questo fondamento l’esistenza stessa della famiglia è a rischio. L’amore sanato dal perdono, fa della famiglia il riflesso dell’infinita comunione di amore che circola nella Santa Trinità.
Portate sull’anulare sinistro, dove si racconta, passa la vena amoris che arriva direttamente al cuore, le fedi nuziali sono un invito ogni giorno a rinnovare il patto di amore e fedeltà di cui sono segno. Dopo la promessa nuziale gli sposi si scambiano gli anelli. É un dono reciproco, gli sposi stringono un patto pubblico d’amore e di fedeltà che, soprattutto con la grazia di Cristo, si impegnano a custodire e fortificare.
La fedeltà che i coniugi si sono promettono è totale, arriva fino al dono di sè. Ma, non vi è vera fedeltà dove manca la disponibilità al perdono. Non è solo una caratteristica fondamentale dell’esperienza cristiana ma anche una “regola” ineliminabile del cammino coniugale. Il perdono, infatti, riconosce e accetta la fragilità di cui siamo impastati. Tante volte è condizione, di un cammino più autentico.
L’uomo e la donna sono creati per la comunione, ma sono bisognosi di perdono. Sono essi stessi immagine della Trinità che è: dono (Padre), accoglienza (Figlio), condivisione (Spirito Santo), comunione perfetta; così anche gli sposi sono comunione trinitaria e il peccato è ciò che rompe questa comunione. Ma la grazia di Dio, il suo Spirito, ci dà la possibilità di ritornare ad essere in comunione, ad essere immagine trinitaria.
Come si può perdonare il proprio coniuge?
Non è certo una notizia di prima pagina, quella che racconta di un coniuge che perdona il consorte perché da questi è stato tradito, o ha subito altri generi di soprusi. Non fa notizia il perdono di questi coniugi perché il mondo sa cosa è conveniente fare in questi casi: “lasciarsi”. É così pressante la richiesta: “Perché non lo lasci?”, che quando qualcuno prova ad interrogarsi sul perdono, percepisce di essere giudicato un incapace, uno stupido.
Vi sono alcuni atteggiamenti (il tradimento, la disistima, l’offesa fisica e morale) fortemente distruttivi del legame coniugale, ve ne sono altri che rappresentano l’ordinarietà della vita di coppia ma nell’uno e nell’altro caso, benché consapevoli della difficoltà a perdonare un’offesa e senza negare la realtà della colpa, si tratta anche e soprattutto di permettere alla grazia del Sacramento del Matrimonio di esprimersi. É in essa che riusciamo a perdonare qualsiasi offesa e perciò a risalire la strada con l’altro.
Ed anche quando malauguratamente vi è una rottura definitiva fra gli sposi, finisce senza dubbio la comunità di vita, ma rimane la comunione. Il coniuge abbandonato vive questa comunione come Cristo sulla croce, abbandonato dal Padre e dai suoi, egli rimane fedele a Dio e all’umanità. Quando vi è una crisi nella coppia, piccola o grande, chi deve ricominciare? Chi ama di più!
Nel rapporto con il coniuge la prima azione da compiere è mettere in discussione le proprie motivazioni segrete, le proprie resistenze più o meno consapevoli. Una volta sgombrato il cuore e la mente dalla propria giustizia pretesa (che non significa negare la realtà della colpa), per discolpare il coniuge che ha offeso, è necessario trovare le ragioni per cui lui è arrivato fin lì, riconoscere le strade impervie, le ferite non trattate, le situazioni vissute, le paure, le difese.
Quando si arriva al punto di sentire il suo dolore, il suo grado più o meno grande di innocenza, allora vi sono le condizioni per il perdono. Se ciò non accade ci limiteremo ad un perdono illusorio, impreciso (anche se generoso). Il perdono illusorio non cambia il cuore, serve a giustificare i nostri comportamenti verso chi è “perdonato”: non unisce, ma mantiene il distacco. Il perdono vero è quello che ti cambia dentro, ti trasforma il cuore. Scaturisce dalla fedeltà all’altro, vive della fiducia reciproca.
Rende capace di rinunciare a se stesso per dire all’altro “tu vali più dei tuoi atti” e perciò dona la capacità di riprendere ad amare. Perdonare è come rinascere, ha una caratteristica pasquale, di morte e di resurrezione. Non è un gesto meccanico o razionale, è lo Spirito che, attraverso la nostra libertà, ci guida alla riconciliazione, ci riporta all’origine della nostra storia, all’origine dell’amore umano: due esseri in comunione tra loro, creati per-donarsi.
La novità e i frutti del perdono in Gesù Cristo
Questa è la novità: il perdono non si ottiene in seguito alla conversione. Gesù chiama e accoglie prima ancora che uno possa convertirsi. Nella coppia dobbiamo imparare a chiamarci, accoglierci prima ancora che l’altro possa aver chiesto scusa.
Gesù perdona subito: “Oggi devo fermarti in casa tua” dice a Zaccheo, il pubblicano. Oggi, non domani! L’immediatezza della salvezza vince ogni calcolo temporale, sulla croce al ladrone pentito Gesù dice: “oggi stesso sarai con me in paradiso”. Nella casa di Zaccheo accade qualcosa di prodigioso, la gente non si accorge di quello che sta succedendo, ma Zaccheo si è già convertito. Restituisce più del dovuto. Da solo non sarebbe stato capace di tanta generosità.
Il perdono inatteso, senza condizioni, lo stravolge e lo salva: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa”. Gli sposi da soli non potrebbero amarsi con la misura del dono di sé di Gesù Cristo, lo Sposo.