IL POTERE DELLE CHIAVI
Chi è Gesù Cristo
Anziché seguire, nella nostra riflessione, la pista dei primato di Pietro, che sembra suggerita dalla prima lettura e dal vangelo, preferiamo fermarci sulla domanda cruciale di Gesù: «Voi chi dite che io sia?», e sulla risposta-professione di fede di Pietro.
Il racconto di quella che si è soliti chiamare la «confessione di Cesarea» introduce nei sinottici un passo abbastanza omogeneo che riveste particolare importanza.
Un messia che non corrisponde alle aspettative
Dalla proclamazione della messianicità di Gesù parte, infatti, una nuova fase dell’annuncio. Gesù aveva predicato e operato soprattutto nella Galilea. La gente era piena di ammirazione ma anche di sconcerto perché il modo di fare di Gesù non corrispondeva a certi schemi entro i quali si era cristallizzata l’immagine del Messia atteso da Israele.
Accanto alle prime spontanee ed entusiastiche affermazioni: «Nessuno può fare i segni che tu fai... Un grande profeta è sorto tra noi... Insegnava loro come uno che ha autorità...», si facevano strada anche altri interrogativi: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?».
Qualcuno però guarda a Gesù con sospetto: « Scaccia i demoni per mezzo del principe dei demoni... »; «E’ posseduto da uno spirito immondo... E’ fuori di sé...». Alcuni lo abbandonano: «Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?...». Ma per coloro che lo hanno seguito da vicino, Pietro fa un atto di fiducia che è già professione di fede: «Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69).
Pietro riconosce in Gesù il Messia e il Figlio di Dio, e Gesù conferma che la confessione di Pietro non è rivelazione della carne o del sangue, cioè non è frutto di considerazione dell’uomo fragile e impotente di fronte al mistero di Dio, ma è dono del Padre. In questo modo Gesù rifiuta la concezione messianica dei farisei e dei sadducei, corregge e purifica quella dei discepoli, fa accettare che la sua messianicità si manifesta nella sofferenza della croce, passaggio obbligato verso la gloria della risurrezione.
Cristo interpella ogni generazione
Che importanza ha per l’uomo d’oggi il fatto che 2000 anni fa, presso le sorgenti del Giordano, Pietro abbia detto a Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»? All’uomo d’oggi interessa ancora sapere chi è Gesù? La sua domanda: «Voi chi dite che io sia?», è sentita ancora come una interpellanza personale, un problema cruciale o almeno importante?
A dispetto di un secolarismo sempre più diffuso e di un abbandono di pratiche e di tradizioni cristiane sempre più massiccio, è interessante notare come la domanda risuonata a Cesarea di Filippo continua a creare ancora interrogativi inquietanti.
Per i giovani Gesù rappresenta oggi la novità, la freschezza, la contestazione di una società e di un sistema vecchio, arido, privo di fantasia e di creatività; alle masse oppresse dell’America Latina Gesù appare come il liberatore, il simbolo di una speranza che non è soltanto in un aldilà misterioso; agli operatori sociali Gesù appare come un rivoluzionario che lotta contro l’ingiustizia, l’oppressione, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Significativo, comunque, resta il fatto che il nostro mondo non può prescindere da Gesù. La nostra storia ne è talmente marcata che non si può ignorarlo.
«Voi chi dite che io sia?»
«Quanto abbiamo scoperto intorno alla persona di Gesù e alla sua missione ci consente appena di confessare con Pietro: “Tu sei il Cristo“. Tuttavia, mentre solleviamo il velo sul mistero, ci accorgiamo che è molto di più quello che in profondità ci sfugge. Cristo è uomo tra gli uomini e l’occhio incredulo non sa riconoscerlo. In verità egli opera dal di dentro nell’uomo che crede in lui e gli offre possibilità inesauribili di riscatto e di salvezza.
Ma la personalità di Gesù non si può definire semplicemente come qualsiasi figlio d’uomo, nato da donna. Occorre accettare di far parte di quel piccolo gruppo di discepoli, che egli invita a stare con lui, e seguirlo fino a Gerusalemme, fino alla croce. Qui si compirà il disegno che Dio ha preparato nei secoli e si rivelerà pienamente il suo mistero di Messia, Figlio dell’uomo e Servo di Dio» (CdA, p. 85).
Speranza in un nuovo mondo migliore
Dalla Costituzione pastorale «Gaudium et spes» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa e il mondo contemporaneo (Nn. 39)
Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità, e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato nella debolezza e nella corruzione rivestirà l'incorruzione: e restando la carità con i suoi frutti, saranno liberate dalla schiavitù del male tutte quelle creature, che Dio ha fatto appunto per l'uomo.
Certo, siamo avvertiti che non giova nulla all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde se stesso. Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell'umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione di quello che sarà il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio.
E infatti, i beni, quali la dignità dell'uomo, la fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre il regno eterno e universale: «che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace». Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma, con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.